Sulla giostra, di Giorgia Cecere

Visti e Svisti – la rubrica semiseria ̶d̶i̶ ̶c̶r̶i̶t̶i̶c̶a̶ ̶c̶i̶n̶e̶m̶a̶t̶o̶g̶r̶a̶f̶i̶c̶a̶

a cura di Tiziana Cazzato

 

Ho da sempre sofferto di vertigini: ho paura dell’altezza, ma – parafrasando Lorenzo Jovanotti – non di volare. Eppure per molti anni, quando per le feste arrivavano in paese le giostre, io mi divertivo a fare qualche giro sulle macchine da scontro e non salivo sui seggiolini volanti. Guardavo i miei amici da giù, mentre cercavano in tutti i modi di afferrare il trofeo e vincere così un giro gratis. Questo fino al giorno in cui Y., una sera di febbraio, mi ha costretta a salire con lui: avrebbe girato il mio seggiolino di fronte al suo e io avrei dovuto guardare solo nei suoi occhi. Non fu un grande sacrificio! Al secondo giro ha iniziato a lanciare il mio seggiolino: voleva che prendessi il trofeo! Voleva vincere il giro gratis! Ne abbiamo vinti tanti in quella e anche nelle serate successive.

Quella sera sono diventata un po’ meno fifona (non che oggi sia un cuor di leone, eh!) ed è stata una delle prime piccole dimostrazioni che la vita, spesso, ti mette su giostre sulle quali non avevi mai pensato di salire e ti fa vivere delle emozioni che in altro modo non avresti potuto respirare.

Sulla_giostra_Giorgia_CecereSono giri imprevedibili, come quelli che vivono le protagoniste del nuovo film della sceneggiatrice e regista Giorgia Cecere (alla sua terza regia dopo aver girato Il primo incarico nel 2010 e In un posto bellissimo nel 2015). Ada (interpretazione superlativa di Lucia Sardo, premiata come migliore attrice al BIF&ST) ha trascorso tutta la vita a governare un’antica casa nel cuore del Salento e ora che i padroni hanno deciso di venderla, lei si sente perduta. Non ha dove andare e non vuole trasferirsi da sua sorella: quella casa che non ha solo curato e amato è l’unica che riconosce come sua. La sua stanza è quella in cima alla ripida scala di alti scalini, dove la sera fa l’uncinetto, ascolta la musica e si rifugia in compagnia di se stessa. Decide di tenere per sé una copia delle chiavi. Decide di non arrendersi, di non farsi cacciare. Alla sua età non può cambiare la sua vita, perdere le sue certezze.

Ed è per questo che da Roma, costretta da madre e fratello a sbrogliare la matassa,  arriva ad Alessano Irene (Claudia Gerini), produttrice cinematografica, con una piccola valigia – certa che bastino pochissimi giorni per convincere l’anziana donna ad andare via – e un bagaglio di tristezze, solitudini, problemi economici e non solo.

Come ormai sapete, non andrò oltre con la trama di questa storia semplice, raccontata con delicatezza, con l‘attenzione e la cura di chi indaga con discrezione la vita e la racconta con sensibilità, quasi sussurrandola, per non interferire con la sua voce, con la sua presenza.

In Sulla giostra i silenzi, le pause, l’attesa diventano pennellate di una narrazione naturale, autentica in tutti i suoi aspetti. La luce del sole fra le suggestive stradine del centro storico. I tramonti imperdibili sul mare che arrossisce preparandosi a incontrare la luna. Il vento che passa le sue dita fra i capelli e li scompiglia, insieme alle idee e ai tristi pensieri. La musica di un temporale notturno che ferma la giornata delle due protagoniste intorno a un tavolo, alla fievole e tremula luce di una candela. Il Salento, i suoi colori, la musica e le sue vite raccontate con tenerezza, con un senso di malinconia per chi ha dovuto lasciare il suo paese per vivere lontano. Coltivando il desiderio di un ritorno, o forse riscoprendo in sé quel sopito, nascosto desiderio di tornare fra le strade del borgo, a respirare il profumo della terra e del mare. Assaporando la verità di quelle parole scritte da Cesare Pavese in La luna e i falò: «Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».

Ada e Irene fanno così questo inimmaginato giro Sulla giostra della vita, scoprendo che nonostante tutte le differenze che sembrano renderle così diverse e lontane, nonostante questa battaglia giocata l’una contro l’altra, stanno insieme scoprendo delle sensazioni nuove. Stanno imparando insieme a non temere. A non temere l’amore. Perché chi teme l’amore, dice Donato – magnifico cammeo in questo film fatto poesia – teme la vita.

 

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