L’odio che attinge dal passato
recensione di Stefano Bonazzi
Scrivo questa recensione con lo sguardo rivolto al cortile. Si sta alzando un vento improvviso e i rami del nocciolo hanno iniziato a piegarsi alla sua violenza. È un pomeriggio d’Agosto, l’afa ci abbatte il respiro da giorni, il temporale che sta arrivando non sarà un semplice acquazzone. Sarà una vera e propria tempesta, è un presagio che abbiamo imparato a riconoscere, una sensazione simile a quella che ho provato mentre leggevo Tracce dal silenzio (Marsilio Editori – 2019), la nuova opera di Lorenza Ghinelli: quel senso di sotterranea inquietudine destinata a crescere, alimentarsi, farsi strada nel quotidiano, per poi sfociare in qualcosa di terribile, indomabile.
Lorenza ci sa fare con le tinte nere. Ci sguazza da anni, dal suo esordio. Quel Divoratore che tanto ha diviso la critica e fatto parlare per la sua penna affilata e violenta.
In mezzo ci sono passati cinque libri, un paio di antologie, un libro per ragazzi ed è inevitabile e impossibile non riconoscere anche in quest’ultima opera una strizzata d’occhio proprio a quel filone letterario di formazione che da anni affascina la scrittrice riminese.
Ragazzi, vite giovani, adolescenti che lottano ogni giorno sotto l’indifferenza delle istituzioni, all’interno di famiglie “Mulino Bianco” in cui le menzogne si fanno fondamenta per erigere imperi di apparenze.
Ragazzi, appunto, di età e contesti diversi.
Il romanzo inizia proprio dal punto di vista di una di loro: Nina. Dieci anni, resa sorda a causa di un grave incidente stradale, la notte in cui la conosciamo si è appena svegliata nel mezzo di un incubo. L’impianto cocleare che le permette di udire giace sul comodino accanto eppure lei sente qualcosa. Una musica. Una melodia distorta che non dovrebbe, non potrebbe percepire, eppure è lì, con lei, nella sua testa. Nina si alza, la segue e nello stesso istante, nel parco, a pochi metri dalla sua abitazione, un ragazzo viene assassinato.
Questo è solo il preambolo di una serie di eventi che sconvolgerà la vita della piccola. Una vita che già pochi anni prima era stata messa alla prova da quel terribile incidente stradale che l’aveva privata dell’udito e costretta ad affrontare estenuanti sessioni di riabilitazione e accettazione. Una disabilità che aveva messo a dura prova, non solo Nina ma tutto il suo nucleo familiare a partire da Sara, sua madre, incapace di perdonare il marito per quel maledetto incidente.
Famiglie. Famiglie perfette, famiglie spezzate.
Ecco un altro tema caro alla scrittrice. Non solo di traumi e delitti si parla infatti, nel romanzo di Lorenza, che nelle oltre trecento pagine si prende i suoi tempi, abbandonando il tratto impulsivo e graffiante degli esordi, ammorbidendo la sua prosa e permettendoci di entrare gradualmente nella quotidiana routine di una ragazzina forte, dalla personalità riconoscibile e la curiosità tipica della sua generazione. Nina però non sarà l’unica protagonista della vicenda, attorno a lei ruoteranno infatti una manciata di personaggi chiave, a partire da Rebecca, un’anziana signora dai modi affabili e un tragedia sulle spalle, al fratello Alfredo, che, oltre a dover prendersi cura della sorella in un quartiere residenziale in balia di un assassino, deve anche fare i conti con la sua prima cotta per la compagna di classe araba Nur, una ragazza spigolosa e ostile, arrivata in fuga dall’Afghanistan, insieme all’amica Rasha.
Ragazzi appunto, come dicevo sopra, ragazzi alle prese con tutte le insicurezze e le sfide tipiche della loro generazione eppure in grado di insegnare qualcosa anche a chi, quella generazione, se l’è lasciata alle spalle da tempo.
Il ritmo della narrazione è un crescendo investigativo/adolescenziale che ricorda le atmosfere alla IT/Stranger Things per poi ampliare il suo respiro, abbracciando tematiche come l’integrazione, il bullismo, il tradimento e il rapporto dei giovani con le strutture di un sistema societario e scolastico spesso incapace di restare al passo coi tempi.
Lorenza è abile nel tratteggiare personaggi dalle personalità ben definite a cui è facile affezionarsi dopo poche pagine e in grado di regalarci riflessioni interessanti sulla generazione contemporanea oltre al mero intrattenimento e momenti di pura angoscia.
In conclusione, l’ultima prova della Ghinelli, è un crescendo di tensione che strizza l’occhio all’horror nostrano (sarà una mia impressione, ma ci ho visto anche un pizzico di Pupi Avati) per abbracciare la lezione kinghiana che, nel suo mezzo secolo di scrittura, ci ha insegnato a non limitarci al singolo genere ed è proprio in questa capacità di spaziare tra i filoni letterari che Lorenza ci conferma la sua maturità artistica.
Tracce dal silenzio è un horror, un thriller, un romanzo di formazione, un dramma familiare, una storia di integrazione ma è anche un romanzo sulla memoria, sul passato che non permette assoluzioni, che si fa ossessione e carnefice, una fiaba di vendetta che attraversa le generazioni.