Recensione di Stefano Bonazzi – 28/10/2020
Un agrodolce scontro generazionale – “Ma perché non te ne vai?” (Milena Libri)
La penna di Christian mi aveva già strappato più di un sorriso con il suo romanzo d’esordio, Spalla@Spalla, una fresca commedia degli equivoci con spunti di riflessione su temi attuali come l’integrazione e l’accettazione di genere.
Christian imbastisce trame minimali, in cui muove personaggi che potremmo essere, o esser stati, tutti noi, per poi dipanare la narrazione attraverso una sequenza di gag ed episodi ironici che nascondono un substrato di riflessioni mai scontate.
In questo secondo romanzo verremo catapultati nei panni di Sebastiano, un diciannovenne un po’ impacciato, fresco di diploma e impaziente di lasciare i ristretti confini domestici imposti da una madre bacchettona, un padre superficiale e una sorella troppo giovane e molesta per poterlo spalleggiare all’interno di questo quadretto familiare che rischia di soffocarlo in ogni decisione. Una famiglia “Mulino Bianco”, quindi, ma senza i sorrisi finti e il sole che entra dalle finestre. Una famiglia asfissiante, da cui scappare, al più presto, per potersi esprimere, per iniziare un percorso nuovo, di scoperta, analisi e accettazione. In primis, del proprio orientamento sessuale: un tassello delicato, fragile, un territorio che Sebastiano sembra padroneggiare solo all’interno della sua ristretta cerchia di amici ma che in verità lo limita e perseguita, impedendogli di esprimersi ed esprimere appieno il suo potenziale.
Come fare, quindi?
Fuggire, al più presto.
Scappare in una nuova città. Trovare un nuovo alloggio. Ricominciare tutto.
Costruirsi il proprio sogno, la propria storia.
Subito.
Ma anche per i sogni servono i soldi, così come per i soldi serve un lavoro e per un lavoro servono delle referenze. Referenze di cui Sebastiano non dispone, perché è giovane, troppo. Però ha un aggancio, Sebastiano. Una possibile via di fuga che ha settantanove anni e abita in un appartamento che è tutto un cumulo di ombre, polvere e ricordi. Un vecchio scorbutico dai modi diretti e spicci a cui Francesco dovrà badare per tutta l’estate.
Un incontro/scontro, quindi, che sarà la miccia per dare il via a una sequela di gag ironiche a colpi di frecciatine, situazioni imbarazzanti e litigate al vetriolo ma che lasceranno spazio anche a spunti di riflessione e opportunità sia per Sebastiano che per Francesco, di conoscersi, sopportarsi e instaurare un rapporto che va ben oltre i ridicoli nomignoli che i due protagonisti si affibbiano a ogni scambio di battute.
Scivolare in un’atmosfera da cinepanettone letterario sarebbe stato facile, rischioso, quasi scontato, perché l’abilità nel riuscire a maneggiare un genere ostico come quello della commedia sta proprio in quella capacità, per nulla scontata, di riconoscere il sottile confine tra la banale risata da cabaret e l’ironia formativa. Christian è bravo, in questo. Bravo, perché la sua penna è leggera ma consapevole di questa frivolezza ed è proprio attraverso questa sua cognizione di causa che può permettersi di tratteggiare personaggi stratificati, tridimensionali, credibili. E poi c’è rispetto in queste pagine. Rispetto verso i temi che a Christian sono più cari (l’incapacità di accettarsi, lo scontro generazionale, la difficoltà di realizzarsi in una società basata sull’apparenza…) e di cui, in questa storia, ha voluto rendere tributo. E poi c’è il divertimento. Quel sano piacere che prova il lettore nel destreggiarsi attraverso una narrazione veloce, fatta di capitoli brevi e una prosa dinamica che scorre liscia fino a un finale inaspettato.
Quel twist che ti cade addosso così, all’improvviso, mentre le labbra sono ancora piegate in un sorriso e la testa prende coscienza di tutta la profonda umanità presente in queste pagine.