Intervista a Francesca Mazzotta
Quali sono i tuoi maestri (non solo letterari: cinema, musica, arte figurativa, ecc.)?
Mio nonno, la mia saggia estetista e il maestro Muzio che a lezione di judo ci diceva “soffrite in silenzio”. L’album Dummy dei Portishead. Un tramonto captato sulla vasca di Bagno Vignoni qualche anno fa. La voce rauca di Amelia Rosselli. La trilogia dei colori di Kieslowski, qualcosa o qualcuno che ignoro.
Quali poeti della tua generazione senti affini (per temi e/o scelte formali)?
Non ho presente una panoramica abbastanza ampia dei poeti della mia generazione per rispondere a questa domanda in modo specifico. Questo accade forse perché penso alla poesia come a un mestiere individuale e solitario, motivo per cui mi viene naturale un atteggiamento piuttosto lupesco – il che mi rende difficile tenermi aggiornata con continuità sulle ultime novità poetiche. Però, posso dire che apprezzo molto alcune voci; tra queste, quelle di Andrea Donaera, Gianluca Furnari, Gaia Giovagnoli, Silvia Righi, Luciano Mazziotta, il progetto di Angela Grasso e Luca Rizzatello Ophelia Borghesan, per citare le principali.
Cosa cambieresti del panorama poetico di oggi?
Immaginando che il panorama poetico di oggi somigli allo spartito di un’aria musicale molto confusa, in un’ottica di pura utopia sarebbe bello, da un lato, potenziare alcuni suoni, dall’altro, aggiungere una dose di silenzio, alcune essenziali pause. Mi spiego meglio: credo che certe barriere inutili le si potrebbero abbattere (quelle che si erigono tra le “caste” ben delimitate della poesia contemporanea, che dettano diverse rivalità e guerre fredde tra Ego – per un potenziamento sonoro, quindi, che passi attraverso un dialogo autentico e non precostituito); d’altra parte, certe barriere potrebbero essere invece innalzate (mi riferisco in questo caso al magmatico miscuglio di voci, poetiche e non, aizzato dai nostri mezzi di comunicazione; laddove le amalgamano, il rischio è che quei mezzi le appiattiscano nell’informe, rendendone indistinguibile l’unicità – in questo senso credo che il rumore predomini pericolosamente sul silenzio, che sarebbe urgente ritrovare).
Se potessi scegliere un secolo e un contesto poetico, quale sarebbe? Cosa ruberesti?
Tornerei alla Grecia di Omero, a quell’inizio, agli aèdi. Per spiarne il canto, per cospirare con loro, magari, un incantamento a corte. Anche solo per ascoltare cos’era a quel tempo la parola in musica, viverne la vibrazione sulla pelle. Ma, ovviamente, è solo una vaga fantasia, né potrebbe essere altrimenti data la mèta, di per sé storicamente soffusa, del sogno.
Chi è Francesca Mazzotta
Francesca Mazzotta è nata a Firenze nel 1992. Si laurea in Italianistica a Bologna nel 2017, con una tesi sul poemetto novecentesco. Nel 2016 vince il premio InediTO – Colline di Torino, mediante il quale pubblica il libro di poesie Reduci o redenti (CartaCanta editore, 2016). Nel 2018 vince il premio Solstizio per l’opera prima e, a fine anno, pubblica Umbratile (Origini edizioni), prosimetro a quattro mani scritto con Luca Saracino. Suoi testi poetici e recensioni sono comparsi su blog (Perigeion) e riviste (“Atelier”, “Cultura Commestibile”, “Flanerì”, “Poesia del Nostro Tempo”, “Poesia” – Crocetti -, “formavera”). È attualmente dottoranda in Scienze della persona e della formazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.