Racconto 5° classificato alla call #iorestoacasa

Incantesimi, di Elisa Mantovani

 

Le dita ossute degli alberi mosse dal vento sembrano lanciare incantesimi.

«Guarda mamma! Li vedi?» continua a ripetermi Agata, fissando il vetro sporco. Lei li vede, quegli incantesimi.

La fantasia della mia bambina è l’unico appiglio che mi resta per non impazzire; mi lascio trascinare dalle sue parole, dalla sua voce così dolce, come fossi un veliero senza timone in un oceano di dolore. I bagliori della guerra colorano di sangue il cielo, ma Agata li trova bellissimi perché in quelle luci che si irradiano tra nubi nerastre vede gli incantesimi degli alberi. Sono loro a crearli, non fa che ripeterlo: i due tigli che aveva piantato suo padre, mio marito, partito ormai da un anno per questa guerra dalla quale non tornerà più. Agata non lo sa e io non ho la forza di dirglielo. Continua a chiedermi quando tornerà e le rispondo che lo farà quando i tigli saranno di nuovo in fiore.

Stavano ore sotto quegli alberi lui, Agata e Rosa, l’altra mia figlia. Lei non ce l’ha fatta: l’influenza me l’ha strappata via alcuni mesi fa. Sento ancora il calore del suo corpicino ogni volta che mi stringo le braccia sul petto, lo sento e piango le ultime lacrime che mi sono rimaste. Lo faccio di nascosto, perché ad Agata ho detto che sua sorella è andata in un posto dove la cureranno, così potrà tornare a giocare con lei, sotto i tigli in fiore. Le ho detto così perché adesso anche lei è malata.

«Io vedo il papà e anche Rosa: guarda mamma, sono lassù, e sono tutti colorati!» dice estasiata, e preme il piccolo viso contro la finestra. Mi si stringe in cuore ogni volta che lo fa, eppure in quei momenti sembra felice ed è l’unica cosa che m’importi adesso.

«Sì tesoro, li vedo!» le rispondo, poi l’abbraccio mettendomela sulle gambe. «Ci stanno proteggendo, ci proteggeranno sempre!» mentre lo dico cerco di sorriderle.

«Non possono farlo, loro sono lassù… Mamma, perché non usano i rami degli alberi per scendere? Io glielo dico sempre ma forse non mi sentono, sono troppo lontani…» mi risponde, fissandomi con quei suoi occhioni celesti, gli stessi di suo padre.

«Possono invece. Sembrano lontani ma in realtà non lo sono, e usano gli alberi per proteggerci!» continuo ma la vedo perplessa.

«Io voglio che tornino qui adesso! Perché non li fanno tornare? Loro sono magici, lo diceva sempre papà!» mette il broncio e incrocia le esili braccia. Com’è magra, penso, uno scricciolo caduto troppo presto dal suo nido. Vorrei tanto riuscire a darle un po’ di tepore e sicurezza, ma sono esausta.

«Lo sai cosa diceva sempre papà: la pazienza è la virtù dei forti» le rispondo in un sospiro.

«E cosa vuol dire? Il papà diceva tante cose che non capivo!» sbotta, tossisce e cerca di sfuggirmi: posso sentire tutte le sue ossicine attraverso il vestito liso che porta.

«Vuol dire che se aspetterai, prima o poi avrai ciò che vuoi.»

«Io voglio lui, voglio Rosa. I tigli sono fioriti ma non sono tornati e adesso… Adesso ci vorrà tanto tempo prima che lo facciano ancora!» I colpi di tosse si mischiano ai singhiozzi.

Le prendo il viso tra le mani e vorrei sommergerla di baci, ma si ritrae.

«Non smettere mai di sperare piccola mia. Non smettere mai ti prego!» le sussurro e questa volta una lacrima mi sfugge.

«Guarda,» le dico per distrarla «vedi là, proprio sopra gli ultimi rami? C’è papà che ti sta guardando e ti sorride e… e c’è anche Rosa. Sorridi anche tu, amore mio: non vorrai mica che ti vedano così?» Lei si gira di scatto a fissare gli alberi che si stagliano su un cielo martoriato da fuochi mortali.

«Li vedo mamma! Hai ragione!» si asciuga in fretta le lacrime, tira su col nasino e sorride «Non vedo l’ora di giocare con loro, raccogliere i fiori dai rami e lanciarli in aria come facevamo sempre. Visto? Hanno fatto di sì con la testa! Che bello mamma, non saremo più sole, mai più!» inizia ad agitarsi malgrado la tosse le percuota il petto smunto, e muove la manina in cenno di saluto verso quelle immagini che solo lei vede.

«Sì, non saremo più sole tesoro!» le rispondo, e guardo ciò che ci resta da mangiare: due patate e un pezzo di pane duro come marmo. Presto li raggiungeremo, penso mentre il botto di un cannone mi fa trasalire. Si stanno avvicinando sempre di più. L’unico pensiero che mi consola è che quando arriveranno noi avremo già raggiunto i nostri cari. Quando i tigli rifioriranno noi saremo insieme, tra fiori odorosi e rami pieni di gemme. Sì, saremo insieme, in uno di quegli incantesimi che adesso vede solo Agata: l’incantesimo della vita eterna.

 

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Foto di Peggy Choucair da Pixabay