Intervista a Antonio Scialpi
Quali sono i tuoi maestri (non solo letterari: cinema, musica, arte figurativa, ecc.)?
Ci sono troppe cose che hanno contribuito a formare il mio immaginario, a stimolarlo, a riplasmarlo. Quando mi si presentano domande simili a cui rispondere, soprattutto in ambito cinematografico, come punto di partenza sicuramente cito i capolavori dell’horror giapponese, che da sempre mettono in scena l’inestricabile rapporto che c’è tra l’orrore e il drammatico, dimensioni che si compenetrano a vicenda, senza soluzione. Mi hanno insegnato le zone grigie della paura. Un vero e proprio maestro è stato invece Michelangelo Antonioni: i suoi film hanno influenzato il mio modo di concepire i rapporti sul piano letterario, quelli tra le persone e quelli tra le persone e il “paesaggio”. Infine David Lynch: il senso dell’inquietudine, la rappresentazione del mondo onirico, ma più di tutto il vuoto semantico, la possibilità (che diviene esercizio) di non dover sempre offrire un significato alle cose. Per quanto riguarda la musica ascolto di tutto, ma volendo indicare una preferenza direi l’elettronica; ascolto spesso Arca, Bjork, FKA Twigs, Aphex Twin. Dal punto di vista figurativo ho un amore incondizionato per i dipinti di Silvia Idili, visionaria artista italiana che inscena una personale metafisica da incubo, abitata da volti-manichini ipnotici, e che riflette sulla dimensione del rito. Chiudo citando la figura essenziale, senza la quale i miei gusti sarebbero radicalmente diversi: Sailor Moon.
Quali poeti della tua generazione senti affini (per temi e/o scelte formali)?
In verità non leggo poeti della mia generazione, un po’ perché non ne conosco molti, un po’ perché non mi ci sento particolarmente affine. Mi ritrovo spesso a leggere generazioni subito precedenti; ultimamente ho apprezzato tantissimo Carmen Gallo, il suo percorso nella lirica, punteggiato però di inciampi, sperimentazioni. I suoi testi sono popolati da figure che si pongono in dimensioni di esistenza parziale. Trovo straordinario come riesca ad essere “leggera” conservando un dramma di fondo, portandolo all’attenzione attraverso una ponderata selezione di dettagli.
Cosa cambieresti del panorama poetico di oggi?
Non cambierei quasi nulla. Mi augurerei che ci fosse più apertura verso le cose che molti sembrano combattere solo perché indolenti nel cercare di capirle o accettarle (vedi tutti i putiferi sollevati nei confronti della Slam Poetry). Per il resto, con quest’ambiente è un po’ difficile fare i conti quando sei un ragazzino timido che non riesce a inserirsi bene nei contesti formati da più di tre persone. Nient’altro. Forse il vero cambiamento bisognerebbe augurarselo nel contesto editoriale – l’intento che sottende una pubblicazione, l’attenzione verso nuove tendenze, etc – ma quello è un argomento per cui servirebbe un TED Talk.
Quale pensi sia il ruolo di internet nella poesia contemporanea?
Credo che internet sia un ottimo mezzo per la circolazione poetica. In generale apre tantissime strade percorribili. Mi viene subito in mente il progetto di MediumPoesia, che sonda il contemporaneo “con un’attenzione sull’aspetto mediale”, e con esso altri blog o riviste online. Volendo poi parlare invece di spazi-altri non prettamente dedicati alla poesia, quali social network, anche lì le possibilità sono tante. Bisogna cercare di non ripiegarsi sulle proprie convinzioni, ma sperimentare, provare ad avvicinarsi alle cose e a utilizzarle, comprendendone i limiti e mantenendo le riserve, senza relegarle ad una negazione assoluta.
Chi è Antonio Scialpi
Antonio Scialpi (03.02.1998, Gallipoli) vive a Pisa, dove studia. La sua prima raccolta è “Carne incognita”, pubblicata da Ensemble nel 2019. Scrive per il cineblog Milk, dove cura la propria rubrica “Foglio Margine”.