SOS regalo perfetto III
Big
Un po’ come si fa al Festival di Sanremo, abbiamo voluto riservare uno spazio alle nuove uscite della categoria “big”, ossia di quegli autori già affermati che potete trovare senza troppa fatica in qualsiasi libreria ma che, data la varietà della proposta, potreste perdervi tra il luccichio delle copertine natalizie.
Si tratta di libri usciti tutti nel 2018: “Così giocano le bestie giovani” di Davide Longo, “Mio fratello” di Daniel Pennac, “C’era una volta il silenzio” di Davide “Boosta” Dileo e “The game” di Alessandro Baricco.
Vediamo perché questi libri, che sono già entrati nella nostra biblioteca, sono dei must have.
Così giocano le bestie giovani di Davide Longo
Arcadipane nota il fuoristrada di un giornalista della cronaca di Torino. Coglione, ma innocuo. Uno che pensa molto prima di pubblicare quando, nel suo caso, farebbe meglio a stampare la prima cosa che gli viene in mente. Se la cantina fa schifo, meglio non farci stagionare troppo i salami.
Se non avete idea di chi diavolo sia questo Davide Longo dite due Ave Maria e un Pater Noster e andate subito a confessarvi, che Natale è dietro l’angolo e l’inferno pure. Oltre ad essere un montanaro doc, è autore di una serie di libri di successo tra cui “Il mangiatore di pietre”, uscito nel 2004 e diventato un film presentato quest’anno al Torino film festival. Se ciò non bastasse è uno degli insegnanti di scrittura più talentuosi di sempre.
Se volete un libro che vada molto al di là della letteratura di genere, regalandovi l’emozione del libro unita al ritmo della narrazione cinematografica, “Così giocano le bestie giovani” è il romanzo che stavate cercando. Come di consueto, Longo si dimostra il maestro delle descrizioni inconsuete e degli accostamenti irresistibili.
Siamo nell’estate del 2008 e, durante i lavori di scavo in un cantiere ferroviario nelle campagne torinesi, vengono alla luce delle ossa umane: 12 corpi di uomini e donne uccisi con un colpo alla testa. Il caso è affidato al commissario Arcadipane, prima che, ordini dall’alto, facciano intervenire una task force specializzata in fosse della Seconda guerra mondiale. Cosa dovrebbe fare Arcadipane? Lasciare andare il caso e dedicarsi alla propria crisi di mezz’età? Forse sì, ma qualcosa nell’interpretazione dei suoi superiori non lo convince: nella fossa, infatti, viene trovato un bottone di un paio di jeans che, con il periodo bellico, non ha nulla a che fare. Arcadipane decide quindi di portare avanti un’indagine non ufficiale, per la quale dovrà ricorrere all’aiuto del suo vecchio capo, Corso Bramard e della giovane e indisciplinata agente Isa. Quello che ne vien fuori è la storia di un tentativo, quasi inconcepibile, di sovvertire le sorti del Paese…
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Mio fratello di Daniel Pennac
Quando muore un fratello, il tempo necessario all’elaborazione del lutto può essere lunghissimo e il percorso accidentato. Se la persona in questione si chiama Bernard Pennacchioni, fratello del più celebre Daniel Pennac (già autore della fortunata saga di romanzi con protagonista Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio), la sua dipartita non può che tradursi in un libro che ne celebri la vita e la personalità. Perché Bernard, il preferito di mamma e papà, il saggio, il misurato, ha lasciato un vuoto incolmabile nel fratello Daniel, un vuoto che porta costui a rievocare il loro rapporto attraverso la lettura scenica di un celebre (ma non troppo) racconto di Melville, “Bartleby lo scrivano”. Bartleby, infatti, era stato un personaggio per cui sia Bernard che Daniel avevano avuto la medesima e immutata predilezione. È così che nasce “Mio fratello”, un libro intimo, quasi un diario, che raccoglie le memorie dell’uomo Pennac, delineando la figura di un fratello saggio, ma fragile, colpito dalla grandezza di una vita per i cui ritmi naturali portava il massimo rispetto. Quello che emerge è il rimpianto per non esserci stato in alcuni momenti, per alcuni silenzi di troppo, a cui tuttavia si associa la consapevolezza di un legame che non ha mai visto, e mai vedrà, l’inverno.
Ai ricordi di Pennac si alternano brani del racconto di Melville, un modo delicato per mettere in luce la singolare affinità tra Bernard e lo scrivano, personaggi ai quali è impossibile non affezionarsi e davanti alla cui decadenza non si può rimanere indifferenti.
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C’era una volta il silenzio – e altre favole per innamorati di
Davide “Boosta” Dileo
Se non siete dei grandi appassionati di musica italiana, questo nome potrebbe suonarvi totalmente nuovo. Se invece siete dei fan dei Subsonica, non avrete certo difficoltà a mettere a fuoco chi è Boosta, musicista e compositore, nonché tastierista della famosissima band torinese. Non si tratta dell’esordio letterario di questo poliedrico artista, che ha pubblicato già anche con Einaudi, tuttavia “C’era un volta il silenzio” pubblicato con Mondadori, ha in sé qualcosa di particolare, la dolcezza di una fiaba raccontata la sera ai propri figli, e insieme la carezza di una coccola verso se stessi.
Si tratta di una raccolta di 20 brevi racconti pieni d’amore, ciascuno illustrato dalla bravissima Marta Carraro, che uniscono alla delicatezza della scrittura, alla leggerezza del primo livello di interpretazione, un significato ulteriore, che fa di “C’era una volta il silenzio” una sorta di letteratura curativa, una medicina per la disillusione che alberga nei cuori degli adulti.
Particolarmente emozionante il racconto “La voce della musica”.
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The game di Alessandro Baricco
Come sempre Alessandro Baricco riesce a dividere il pubblico dei lettori. Se vi aspettate il romanzo baricchiano, intriso di amore, sesso, o fatal flaw, avrete un’amara sorpresa. “The game” non è un romanzo, ma un viaggio spazio-temporale, un signor viaggio a dir la verità, che ripercorre la rivoluzione digitale cercando di creare una sorta di mappa fisica, comprensibile, di un processo che è andato ben oltre le intenzioni degli stessi pionieri e che continua ad evolversi con una velocità senza precedenti nella storia dell’umanità.
Quando il radar degli intellettuali inquadra la stupidità senza scampo del libro finito primo in classifica e ne deduce una catastrofe culturale, io cerco di attenermi ai fatti e quindi finisco per ricordarmi che chi ha portato quel libro là sopra è un tipo di pubblico che, solo sessanta anni prima, non solo non comprava libri ma era analfabeta.
Quello che Baricco riesce a mostrare in maniera convincente è che la rivoluzione digitale è una conseguenza e quello che dovremmo mettere a fuoco è ciò che a quella rivoluzione ha dato il via: quali erano le paure di quegli uomini? Da cosa stavano scappando?
Se siete dei detrattori del Game, questo libro fa per voi: con una lucidità imbarazzante e la consueta dose di ironia, Baricco ci spiattella davanti i nostri timori rispetto al cambiamento, così come le nostre speranze, per comprendere, se non per appoggiare, un cambiamento in atto e irreversibile.