Piccione a pois - mapoPiccione a pois

di mapo

 

C’è un bambino – non sono mai stato in grado di capire l’età delle persone, quantomeno dei bambini.
E’ seduto su un passeggino, parla. Non la mia lingua. Dall’accento della madre a pochi metri da lui capisco che si tratta di una famiglia dell’est.
Il bambino è tranquillo… da un paio d’ore. Sembra impossibile ma è così.
Ora che ci penso lo trovo alquanto assurdo: un bambino di quelle dimensioni – non posso parlare di età  quindi scatta immediatamente il paragone con altri bambini che su per giù sono grandi uguali – non l’ho mai visto stare così tranquillo… almeno, Jago non lo è.
Jago il Temibile, figlio di Silvia la Stratega.
La sua tranquillità  m’impressiona. Lì accanto mi sono perso nelle letture e non ho fatto caso a lui che sta aspettando il momento, senza un lamento, un futuro imminente, un prossimo movimento collettivo.
Fa stretching, il sole lo sfiora coi suoi raggi ma non lo brucia, indipendente osserva un punto fisso di fronte a sé e ad un tratto si volta e mi guarda.
Ne sono certo, guarda proprio me, negli occhi.
È facile mantenere questa posizione: io indosso un paio di occhiali da sole. Lui non vede cosa o dove io stia guardando, può solamente fare delle ipotesi… forse i bambini d’oggi sono più svegli rispetto al tempo in cui ero bambino io… forse hanno già un intelletto così sviluppato da porsi consapevolmente domande di un certo tipo… tipo: starà  guardando me dietro quegli occhiali scuri?
Il bambino ha ispezionato attentamente il mio volto per almeno un minuto. Come vola il tempo quando ci si diverte.
E avrebbe anche continuato se non fosse arrivato lui: dall’alto dei cieli, all’improvviso, il piccione bianco a pois grigi.
Con eleganza ed una falsa indifferenza è atterrato tra il bambino e me, tempestivamente sulla sabbia ghiaiosa, attirando l’attenzione di entrambi.
“Non badate a me, continuate pure ad osservarvi, l’ora tarda mi costringe ad affrettarmi nello svolgimento delle mie faccende. Sapete, si sta avvicinando il momento della cena e vorrei almeno per oggi riuscire a recuperare qualche cosa di commestibile. Fate pure come se io non fossi mai planato qui, allo stesso tempo se foste così gentili da…!”
Cosa vedono i suoi occhi!
Va notato che per i piccioni gli occhi sono posizionati lateralmente rispetto alla testa, ciò consente una più grande ampiezza del campo visivo tanto da poter permette di vedere in parte anche dietro di sé.
Il volatile si blocca e immediatamente cambia la direzione del suo camminare dirigendosi verso il bambino, comodamente seduto sul suo mezzo di trasporto. Quale coraggio sta dimostrando l’intrepido piccione!
Con attenzione cerco intorno al bambino il motivo che spinge l’animale a rischiare la sua stessa esistenza in quell’azione di avvicinamento, così trovo un particolare che prima mi era sfuggito: sotto al passeggino sta comodamente accasciata una patatina al formaggio – anche in questo caso è la vista a darmi l’informazione; la forma del prelibato spuntino me ne suggerisce il sapore.
La vista parla col gusto. Come due vecchi amici che si ritrovano al bar la vista sorride al gusto e gli ricorda di quando insieme avevano scoperto, anni or sono, le patatine al formaggio. Il gusto sorride, beve un altro sorso di negroni e dice a bassa voce quasi sospirando “bei tempi quelli..”
In un lampo mi ritrovo ad osservare il me bambino alla festa di compleanno dell’amico Raffaele: le mamme che chiacchierano in disparte – alcune non si sono fermate, hanno semplicemente accompagnato i figli fino all’ingresso: “Ciao, no guarda mi fermerei ma oggi è giornata di pulizie… A che ora passo a riprenderlo? Perfetto, grazie. Auguri Raffaele!”. Io ci andavo da solo in bici alle feste di compleanno.
Tovaglioli e bicchieri colorati, pacchetti ancora chiusi e regali aperti, i piccoli litigi e le botte, le patatine al formaggio…eccole! Che quasi ti sembra di mangiare aria. Non mi sono mai piaciute.
Un passo dopo l’altro, senza esitazione, senza seguire una linea retta ma zigzagando tra le dune di sabbia, l’affamato volatile è già nei pressi del passeggino. Un unico pensiero in testa: patatina al formaggio.
Le sue priorità cambieranno nel giro di pochi secondi, nel momento stesso in cui attraverserà la linea invisibile che segna il confine tra la terra di nessuno e il Regno del Bambino dell’Est… fatto.
L’occhio percepisce un movimento e di conseguenza l’attenzione tutta si sposta immediatamente dai morbidi pensieri che accompagnano la fine di una rigenerante giornata al mare all’invasione di territorio da parte di un nemico non ancora identificato.
Da quel momento tutto avviene nel giro di una manciata di secondi, azioni e reazioni istintive, animali, che sono materia della mia personale ed inutile indagine sul mondo.
Il cucciolo d’uomo riconosce la natura dell’essere che minaccioso si sta avvicinando: un volatile, ma non uno tra i tanti. Un piccione.
Un rapido scatto, un movimento generale di tutto il corpo, una torsione del busto verso destra, la testa che si abbassa, le mani che si allargano e le braccia subito in alto e poi in avanti quasi a voler lanciare le estremità a modello dei robot a difesa della terra, protagonisti di cartoni animati giapponesi.
Successo. Il piccione a pois prende immediatamente il volo. Non lo rivedremo mai più… ma la mia attenzione è catturata da un particolare non manifesto, un elemento che si è mosso dietro alle quinte della scena a cui ho appena assistito.
Metto in pausa, riavvolgo il nastro di pochi secondi e vado avanti piano, fotogramma dopo fotogramma, poi di nuovo indietro e play per rivivere la naturalezza di quel preciso istante in cui il bambino ha smesso di essere se stesso per un lasso di tempo ridicolo. Quella sua reazione, ogni suo gesto e movimento erano inconscia imitazione di atteggiamenti comportamentali delle persone che quotidianamente intorno a lui gravitano.
Non voglio essere così presuntuoso… penso e poi mi pento. Non ho la verità assoluta, credo di non avere neppure la verità e basta. Preferisco decisamente passare come quello che non ce l’ha.
Ma come chi racconta e giura di aver visto un fantasma, vi dico: “Credetemi! Io l’ho visto!”.
Ho visto il volto del Bambino dell’Est cambiare espressione ed invecchiare di trent’anni nel giro di un nano secondo, ho visto la mutazione del suo atteggiamento, l’ho visto che abbandonava momentaneamente il suo corpo e si faceva sostituire dal ricordo di un’azione consueta che non gli apparteneva e subito dopo ritornare in sé come se nulla fosse accaduto, come se niente e nessuno lo avesse distolto dal vivere consapevolmente e serenamente quell’attimo di vita.
Pochi secondi in cui il bambino era diventato la madre, il padre o il nonno che con gesti di disprezzo accuratamente studiati cercano di allontanare quegli uccelli che comunemente vengono chiamati “topi con le ali”.

Quel giorno avevo imparato abbastanza, potevo alzarmi, scrollare il mio telo da mare, buttarmelo sulle spalle e tornare a casa.

Fotografia: Carlo Gaia

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