Rossano Astremo

Se provassimo a immaginare il mondo dei libri come un immenso teatro, scostando il sipario i nostri occhi si aprirebbero su un scenario senza limiti e incontrerebbero tanti attori impegnati, con passione e professionalità, a offrire al pubblico uno spettacolo di bellezza, ma soprattutto di qualità. E fra i protagonisti di questo universo di emozioni, in cui realtà e fantasia si incontrano, si fondono e (a volte) confondono, vedremmo anche chi ecletticamente riesce a interpretare più ruoli, a fare 101 cose sul palco e non solo. E sì, perché Rossano Astremo, è forse prima di tutto uno che, seduto in platea, esplora, scopre, conosce. E poi? E poi i libri li legge, li recensisce, li scrive, li promuove. 

E allora Rossano fra le 101 cose da fare nel mondo dei libri, quale ruolo o quali ruoli (sarebbe più corretto dire) interpreta? E in quale di questi si trova più a suo agio?

In effetti il mio ruolo all’interno del mondo dei libri è particolarmente variegato e lo è stato fin dall’inizio e potrei dire che tutto è iniziato in maniera effettiva e seria durante i miei anni universitari, in cui ho iniziato a scrivere recensioni per riviste autoprodotte e quotidiani del territorio (ho studiato a Lecce e lì sono rimasto fino al mio trasferimento a Roma nel 2007), a pubblicare versi (il mio primo libro è una raccolta di poesie del 2003 dal titolo “Corpo poetico irrisolto”) e a organizzare eventi e festival sempre legati al mondo dei libri.  

101 cose da scrittore. Quando ha sentito il desiderio di scrivere? E perché scrive?

Il desiderio di scrivere è nato durante l’adolescenza. In parole semplici, la scrittura ha rappresentato per me un modo per esplorare la mia identità inquieta di adolescente nato e cresciuto in un paese di provincia del sud Italia (il paese è Grottaglie, si trova vicino a Taranto). Quindi la scrittura, accompagnata dalla lettura compulsiva di libri mi hanno aiutato a dare risposte ai quesiti che percussivi mi bombardavano il cervello, a partire dai 14 anni. Poi, sì, di quei taccuini riempiti compulsivamente per fortuna non ho mai pubblicato nulla. Come detto prima, ho pubblicato anni dopo. Non solo non ho mai pubblicato nulla ma è andato smarrito tutto, così potrò evitare che qualcuno legga quei simil-versi che sapevano di spirito adolescenziale annacquati da ritmi e atmosfere da Beat Generation. 

101 libri da scrivere. Un libro dedicato a Pier Paolo Pasolini, il poeta corsaro, per farlo conoscere ai lettori più giovani. Cosa rappresenta o può rappresentare per i ragazzi di oggi la figura del poeta, scrittore, regista e autore di teatro e cinema di origine friulana?

Quando vado nelle scuole per presentare questo libro uso sempre l’espressione “Paradosso Pasolini”, cioè è paradossale che l’autore che forse più di ogni altro nella Letteratura Italiana del Novecento ha raccontato l’identità giovanile venga rimosso dalla scuola italiana. Si ha paura di Pasolini perché ritenuto scandaloso, eppure la natura provocatoria di molta sua produzione poetica, narrativa, saggistica, teatrale e cinematografica può essere una via d’accesso privilegiata per spingere i ragazzi a ragionare sulla natura complessa e affascinante della loro età. 

101 cose da fare come organizzatore di eventi. In un Paese in cui si legge sempre meno cosa bisogna fare, secondo lei, per far crescere la voglia e il piacere della lettura e far comprendere il valore e il potere dei libri?

Secondo me bisogna evitare di organizzare festival o eventi in cui si fa passare per letteratura ciò che non lo è. Il valore e il potere dei libri di cui parla – ciò quella forza che le parole a volte assumono spingendoti a modificare il tuo modo di stare al mondo – non è presente ovviamente in tutti i testi (e sono tanti, troppi!) che il mercato editoriale sforna quotidianamente. Ecco, secondo me un buon festival è quello che non perde di vista il potere salvifico e rivoluzionario delle parole. A volte non capisco questa ossessione che hanno gli organizzatori di queste rassegne a inserire nel loro programma giornalisti, attori, personaggi televisivi, sportivi con il loro libro fresco di stampa. Questi libri non sono letteratura (quasi sempre), sono intrattenimento. Non vedo la differenza tra un programma di Barbara D’Urso e l’autobiografia di Fabrizio Corona.

Fra le 101 cose realizzate, una realtà creata da lei, un progetto che incuriosisce, interessa e… Ci parli di “Retromania.” Ci dica tutto quello che vorremmo sapere e anche qualcosa in più.

Il progetto di Retromania si collega alla risposta precedente. L’idea è quella di dare vita ad eventi in cui si raccontano libri di autori introvabili, fuori catalogo, ma che nonostante il passare del tempo sono ancora opere di valore indiscusso, in grado di raccontare il presente e scuotere le coscienze dei lettori di oggi. È un’idea un po’ di retroguardia, che non cavalca la visione attuale della comunicazione libraria. Il primo incontro si è svolto poco tempo fa presso la casa editrice Minimum Fax. Abbiamo discusso con tre americanisti d’eccezione, Luca Briasco, Paolo Simonetti e Umberto Rossi del lavoro di William T. Vollmann, autore considerato da molti un mostro sacro, ma per nulla compreso e tradotto nel nostro Paese. 

101 cose per un sito. Storie, reportage, interviste, recensioni su “Vertigine”, un blog dedicato ai libri, a chi li scrive, a chi li pubblica e soprattutto a chi li legge.  Qual è l’intervista che le è piaciuto fare di più? Chi vorrebbe intervistare e non ne ha ancora avuto la possibilità?

Vertigine è stata tra il 2003 e il 2005 un periodico cartaceo autoprodotto. Ne sono usciti sei numeri e poi è uscito nel 2006 un volume unico che raccoglie tutti i suoi testi, ai quali hanno collaborato i migliori giovani scrittori italiani del tempo, Nicola Lagioia, Wu Ming, Giuseppe Genna, Mario Desiati, Giordano Meacci, Francesco Pacifico, e l’elenco sarebbe davvero sterminato. Poi il progetto è mutato ed è diventato un lit-blog molto seguito, dove ho pubblicato per anni interviste, recensioni, estratti di libri, inediti. Un bel laboratorio negli anni in cui i lit-blog erano al massimo della loro potenza. Ora il tutto si è spostato sui social, ma continuo ad aggiornarlo. Alle domande sulle interviste fatte e da fare, le rispondo in questo modo: negli anni mi è capitato di intervistare in più di un’occasione Alessandro Leogrande, uno scrittore che io, come molti della nostra generazione, stimavo per la sua cultura, il suo stile e la sua umiltà. Ecco, mi sarebbe piaciuto intervistarlo altre volte. Sì. 

101 cose da lettore. Quali sono le sue letture preferite e quali autori contemporanei predilige?

Può sembrare scontato, ma io amo molto Dostoevskij. Delitto e castigo per me resta un romanzo inarrivabile. Tra i contemporanei, cito tre autori italiani che seguo da tempo e verso cui nutro una stima profonda: Emanuele Trevi, Giorgio Vasta e Giordano Meacci. 

Nei suoi progetti e sogni, qual è la 102sima cosa che vorrebbe  realizzare?

Sto lavorando alla stesura di un romanzo. Mi piacerebbe terminarlo questa estate. E il sogno è semplice: che trovi quanto prima il suo pubblico!.