Io Omar Di Monopoli lo avevo lasciato a Languore, agli spari e a quel dialetto masticato di Uomini e cani che tutto include e nessuno nello specifico tocca. Uno bravo a scrivere, uno bravo sul serio. Ora ritrovarlo in Adelphi è qualcosa di bellissimo, di nostalgico, se la parola è ancora ammessa: vedere un calciatore in videocassetta che fa due gol dai trenta metri e che adesso – proprio adesso, davanti ai tuoi occhi – ha addosso la casacca sudata della nazionale maggiore. Sono fenomeni che accadono poche volte, ma accadono, e la letteratura è benedetta anche per questo.
Omar, ex abrupto e a gamba tesa, che cosa è accaduto?
Molto semplicemente è successo che il mio editore precedente è fallito e io mi sono ritrovato all’improvviso senza casa. Ho una agente bravissima e quando Adelphi ha manifestato interesse per il mio lavoro lei si è messa subito in moto: tempo un paio di mesi mi sono ritrovato nello studio di Calasso: un mito. Qualche volta faccio fatica a crederlo anch’io, perché è una cosa che ti carica anche di una certa responsabilità. Ma in genere mi tranquillizza la consapevolezza che indipendentemente da dove mi trovi l’importante è per me continuare a scrivere tenendo fede alla mia idea di letteratura, al modo di raccontare che mi sono costruito in anni di successi e fallimenti, ed è fantastico che in Adelphi mi lascino fare esattamente questo!
“Nella perfida terra di Dio”: hanno scomodato Faulkner, li hai convinti. Come la vivi?
Sono paragoni pesanti, fin troppo, paragoni che ovviamente hanno indispettito in tanti e li capisco, perché ci sono giganti intoccabili cui non ci si può accostare senza rischiare di farsi male. Diciamo che il vecchio Faulk è stato un faro nella mia formazione (soprattutto per una certa concezione del sud inteso come campo di battaglia omerico in cui ogni umana passione si consuma) ma va detto che il grande bardo del Mississippi ha oggettivamente influenzato generazioni di scrittori – e continuerà a farlo nel futuro – quindi alla fine non è una gran notizia. E comunque francamente non penso che nessuno sarà mai come lui, e, aggiungo, meno male! Sfido chiunque ami leggere a non godere dinanzi alla esemplare, spregiudicata e inarrivabile prosa di una qualsiasi delle sue opere.
Questo libro avrà un’appendice altrove?
Se ti riferisci al passaggio ad altri media la risposta è sì. Bonelli ha acquisito i diritti del libro e ne sta realizzando una versione a fumetti, che presumibilmente vedremo in edicola e librerie entro l’anno prossimo. Intanto anche un regista, Bruno Buzzi, ha dato l’avvio alla produzione di una pellicola tratta dal romanzo, da girare interamente in Puglia. La sceneggiatura è scritta da Carlo D’Amicis e Davide Barletti e credo al momento siano a buon punto. Spero presto di incontrarli per discutere di location e personaggi.
Quanto pesano nella scrittura quelle campagne enormi e spaesanti che ti vediamo fotografare tante volte?
Sono visceralmente legato alla mia terra e le storie dei miei romanzi partono tutte da lì, dall’immenso serbatoio di vicende che il mio sud nascosto, cupo e indomito preserva e alimenta di continuo. Appena posso, monto in macchina e vado in giro per boschi e campagne, alla ricerca di non so esattamente cosa ma regna nel profondo sud, in quello più nascosto e derelitto, un fascino segreto che contamina anche (e forse soprattutto) la bruttezza: resto letteralmente ipnotizzato dalla massa di detriti della contemporaneità (carcasse di auto, frigoriferi arrugginiti, vecchie tv) lasciati a marcire nel mezzo della sconfinata bellezza della natura, e questo irrimediabilmente influisce sul mio modo di raccontare. Ne diventa parte integrante.
Di cosa vorrebbe scrivere Di Monopoli in questi tempi?
Sto scrivendo l’ennesimo tassello di questa mia Puglia crudele, ambientata nella medesima città fittizia del mio primo romanzo, Languore. Il libro è quasi terminato e spero di mandarlo in stampa entro quest’anno. Ma come ho già dimostrato nella mia raccolta di racconti Aspettati l’Inferno la mia regione si presta a esperimenti di ogni genere: vi ho scritto storie western, ma anche vicende horror o racconti di fantascienza.
Una frase – o due, abbonda pure – di un libro che sempre ti porti appresso.
«Dal letto lei vedeva il silos dei cereali sbiancato dalla luna e dietro questo una distesa infinita punteggiata di mucche come semini neri. Lei non era nessuno, ma in quella forte luce inquietante desiderava tutto quanto si poteva desiderare. Allora l’amara solitudine, i silenzi del giorno, la carne smaniosa le facevano schiacciare le labbra nel cavo del gomito. Si prendeva a pizzicotti e pugni i fianchi grassi, si rotolava, si dimenava nel letto e andava decine di volte alla finestra.» (Annie Proulx – Distanza ravvicinata)