Recensione e intervista di Silvia Guberti
Ci sono dei libri che vanno al di là della letteratura, che diventano non solo testimonianze di vita, ma uno strumento che può aiutare altre persone a superare i momenti difficili che, in una maniera o nell’altra, la vita ci mette davanti. È tra questi libri che possiamo collocare Il sole oltre le nuvole, di Daniela Argiolas, edito da Edizioni del Faro. Una lettura commovente sul senso della vita, sulle gioie da cogliere, sulla speranza da non abbandonare nemmeno nei momenti più bui.
La trama
Daniela è una giovane donna nel fiore degli anni, con il naturale desiderio di realizzare i propri sogni, di diventare indipendente e trovare un lavoro che la appaghi. Per questo motivo, dopo alcuni anni di esperienza come parrucchiera nel salone di famiglia ormai chiuso, decide di tentare la fortuna e trasferirsi dalla Sardegna nel Nord Italia. Qui ha infatti trovato un’occupazione in una delle tante fabbriche, ma questo dovrebbe essere solo il punto di partenza. Infatti il sogno di Daniela è quello di mettersi al servizio degli altri e studia quindi per ottenere la qualifica di operatore sociale con specializzazione nel settore dell’infanzia e della multiculturalità.
Nonostante la sua determinazione e i suoi sforzi la vita le mette davanti un problema sanitario che pone fine a quello che Daniela stava faticosamente costruendo: un dolore alla mano persistente, poi l’inizio delle visite per capire di cosa di tratti, e infine la dolorosa scoperta. Daniela è affetta da una mielopatia cervicale e dorsale infiammatoria, dovuta alla presenza di lesioni demielinizzanti nel midollo spinaleche potrebbe portarla, se non tenuta sotto controllo, ad ammalarsi di sclerosi multipla. Quando sembra che le cose non possano andare peggio, durante un’ulteriore visita volta a determinare il suo stato generale di salute, Daniela scopre di avere un’altra patologia importante, la retinite pigmentosa, una malattia che causa la progressiva perdita della vista, fino a portare, nei casi più gravi, alla cecità.
Perdersi d’animo a questo punto sarebbe la soluzione più facile, ma Daniela non ci sta. E non solo continua a coltivare la speranza, ma decide di diventare un esempio per gli altri, per aiutare il prossimo come aveva sempre voluto.
L’intervista
La tua vita è stata segnata da profonde difficoltà, e nonostante questo quello che pervade il tuo libro è un atteggiamento di profonda speranza: quando conta il nostro atteggiamento nella percezione di quello che ci accade e nei comportamenti che ne conseguono?
Grazie per aver colto l’essenza del messaggio di luce e di speranza che ho voluto trasmettere attraverso il mio libro.
Credo che il nostro atteggiamento sia fondamentale nella percezione di ciò che ci accade, perché determina i comportamenti che scegliamo di adottare per affrontare gli eventi che la vita ci presenta.
È evidente che il tuo percorso di vita è stato supportato da una grande fede, frutto anche dell’educazione che hai ricevuto. Credi che senza di essa saresti ugualmente riuscita a dare un senso a quanto ti è accaduto?
In questo momento non riesco a immaginare un percorso diverso rispetto a quello che ho vissuto. La fede è il dono che i miei genitori mi hanno trasmesso, ed è il pilastro della mia forza interiore. È la roccia su cui ho costruito le basi della mia vita.
Probabilmente se non avessi avuto la fede, credo che l’amore per la vita mi avrebbe aiutata a trovare le risorse interiori per reagire e dare un senso e un significato profondo a quanto mi è accaduto.
C’è chi davanti a una malattia invalidante taglia fuori gli altri dalla propria esistenza, convinto di essere un peso. È importante, secondo la tua esperienza, condividere la sofferenza?
Condividere la propria sofferenza è un atto delicato. Richiede la consapevolezza che non è semplice parlare di sé e del proprio vissuto. Personalmente ho riflettuto a lungo prima di decidere di raccontare la mia storia. Ho superato la mia riservatezza caratteriale, perché ho ritenuto importante trasmettere un messaggio di speranza a coloro che nelle mie parole possono intravedere anche un piccolo barlume di speranza, capace di far scattare la forza di reagire e affrontare quelle sofferenze che spesso giungono inaspettate. Credo che superare la barriera del silenzio, possa dare voce a quelle emozioni che sono in grado di suscitare in chi è particolarmente fiaccato dalle prove della vita, la giusta scintilla per riaccendere la luce della vita.
Come è proseguito il tuo percorso di vita dopo le vicende che racconti nel libro?
Il mio percorso di vita è proseguito nella continuità degli esami e delle visite specialistiche periodiche di controllo, che sono molto importanti per il monitoraggio delle mie patologie. Attualmente le mie condizioni generali sono stabili, e con semplicità vivo la mia vita quotidiana. In questo momento sono nell’attesa di ottenere l’inserimento lavorativo in un settore compatibile con le mie nuove possibilità, e mi dedico ai miei interessi. In modo particolare mi dedico al mio nipotino Federico, che amo profondamente e con il quale ho un rapporto speciale. In questo periodo mi ha espresso il desiderio che io scriva e realizzi un libro interamente per lui. Naturalmente gli ho promesso che mi sarei impegnata per realizzare il suo desiderio. Sto elaborando il nuovo manoscritto e spero tanto di realizzare presto il progetto!
Ritieni che la scrittura abbia avuto un valore terapeutico per chi si trova ad affrontare una malattia invalidante?
Sin da bambina ho provato una forte passione per l’arte della scrittura. Ho sempre amato in modo particolare prendere tra le mie mani i fogli bianchi e imprimere su di essi le mie emozioni, i pensieri e i sentimenti. Quando sono stata colpita dalla sofferenza, ho continuato a scrivere con semplicità i momenti più significativi del mio vissuto, ma non per un bisogno terapeutico, ma come continuità del mio amore per la comunicazione scritta. Perciò nella mia esperienza personale, la scrittura non ha avuto un valore terapeutico, ma ritengo che ognuno di noi affronti il proprio incontro con la malattia in modo diverso, e non escludo la possibilità che per qualcuno la scrittura possa avere un tale valore.
In realtà il mio manoscritto sarebbe dovuto rimanere conservato in un cassetto, ma quando ho deciso di affrontare il percorso di pubblicazione, ho incontrato nel mio cammino il Gruppo Editoriale Tangram.
Ringrazio di cuore i miei carissimi editori Barbara Ciaghi e Michelangelo Sebastiani, per aver realizzato il mio progetto con particolare attenzione.