Dove scrivere – Viaggio alla ricerca dell’ispirazione
Vuoi scrivere, lo vuoi disperatamente. Però c’è il gatto che miagola, la vicina che passa l’aspirapolvere, il telefono che squilla, il lavoro che ti insegue. E poi sei sempre lì, nello stesso posto, sottoposto a influenze che finiscono sempre per assomigliarsi. E allora, dove scrivere? Dove trovare ispirazioni, suggestioni, luoghi nuovi?
Val Borbera e Valle dei Campassi
Oggi vogliamo parlarvi della Val Borbera e della Valle dei Campassi. Come ci siamo arrivati? Semplice. Avete presente quel progetto nato qualche anno fa chiamato “Case a 1 euro?”. Si trattava di un tentativo di ripopolare alcune zone d’Italia andate spegnendosi in seguito al boom economico degli anni ’50 e ’60 del XX secolo. L’idea di fondo era quella di vendere al prezzo simbolico di 1 euro le case a chi presentava un progetto di restauro significativo (tra l’altro, per una serie di cavilli burocratici spesso queste transazioni non sono potute andare in porto…). A ogni modo l’iniziativa, che ha avuto anche una certa risonanza mediatica, ha avuto il pregio di far scoprire -almeno a noi -la zona di Cantalupo e Carrega Ligure.
Troviamo un host a Cantalupo, un paese che si trova in una posizione favorevole per visitare il territorio che ci siamo proposti. È da qui che partiamo alla scoperta di Carrega Ligure e delle sue frazioni.
I villaggi fantasma
Carrega Ligure, contrariamente a quanto fa pensare il nome, si trova in Piemonte, nella provincia di Alessandria. È un territorio molto esteso, che conta numerose frazioni e soli 87 residenti in tutto (87, vi rendete conto?). E il mare della Liguria non è neanche così vicino, quindi gli spazi vitali, anche d’estate, sono salvaguardati.
Decidiamo per un giro tra le frazioni e chiediamo consiglio a chi ci ospita: dove possiamo andare per trovare pace e tranquillità, in spregio alla movida da spiaggia? Ride. «Qui di tranquillità ce n’è anche troppa». Ci racconta allora di quelli che vengono chiamati “Villaggi di pietra”. Il boom economico ha spopolato interi borghi, che sono diventati, di fatto, dei paesi-fantasma. A parte Carrega e le varie frazioni, che comunque contano un certo turismo estivo (sostenibile), vi sono infatti alcuni borghi ormai disabitati, in decadenza che è possibile raggiungere camminando per i boschi. Optiamo per il trittico Casoni di Vegni – Ferrazza – Reneuzzi.
Si tratta di paesi posti lungo quella che veniva chiamata la Via del Sale, una rete di strade e sentieri che metteva in comunicazione la pianura padana con il litorale ligure per consentire l’approvvigionamento del sale appunto, fondamentale, in altri tempi, per la conservazione dei cibi.
Casoni di Vegni
Lasciamo la macchina nel parcheggio di Vegni e proseguiamo a piedi sulla strada in lieve salita che si allontana dal paese. Superate le case si arriva all’imbocco di un sentiero attrezzato che prosegue nel bosco fino ad arrivare dopo circa 1 km alla Sella dei Campassi dove, oltre a godere di una splendida vista sulla valle dei Campassi, si può gioire della brezza e riposarsi un attimo su una panchina (il sollevamento libri è la massima delle mie attività sportive, e si sente). Qui termina il percorso attrezzato e si imbocca il sentiero che porta al primo villaggio di pietra: Casoni di Vegni, a circa 3 km dalla partenza. Difficile datare con certezza l’anno di fondazione di questo piccolo borgo, di certo c’è l’anno riportato su una delle case in rovina, ossia il 1860. Il paese è abbarbicato a un fianco della montagna ed è ormai stato inghiottito quasi completamente dal bosco, a dimostrazione del fatto che la natura, alla fine, fa un po’ come le pare. Rimane una casa messa un po’ meglio all’inizio del paese. Dalle porte aperte o divelte, tra le macerie dei tetti sfondati, appaiono mobilie di vario genere lasciate lì dagli ultimi abitanti. Malinconia allo stato puro.
Osservando con attenzione si riescono a cogliere i resti dei terrazzamenti sui cui gli abitanti di Casoni coltivavano grano, meliga e patate.
Ferrazza
Continuando in salita, dopo circa una mezz’ora di cammino, si arriva al micro-borgo di Ferrazza, c’è appena qualche casa, una tettoia, una vecchia teleferica, ma qui un paio di case sono tenute meglio, qualcuno ha persino pulito l’esterno dalle sterpaglie e dall’erba alta. Negli anni 70 è stato tentato il recupero del piccolo borgo che, rispetto a Vegni e Reneuzzi, si trova certo in un posizione più favorevole, in una radura aperta sulla valle sottostante baciata dal sole. Niente a che vedere con il buio del bosco di Casoni.
Reneuzzi
Lasciamo il sole di Ferrazza per continuare in mezzo ai boschi. Ancora 20 minuti e arriviamo alla tappa finale del nostro viaggio: Reneuzzi. Ad accoglierci, proprio all’inizio del paese, c’è il piccolo cimitero. Piccolo per davvero, è più o meno grande come una stanza. Il cancello, ormai arrugginito, è aperto. Le iscrizioni sulle tombe sono spesso sbiadite e gli ornamenti che le decoravano divelti. Le tombe risalgono al periodo che va tra l’inizio del XX secolo a circa la metà degli anni ’50. Resta una sepoltura in ottimo stato, che risale al 1961: si tratta dell’ultimo abitante di Reneuzzi, Davide Bellomo, protagonista di un drammatico episodio che ha fatto salire Reneuzzi alla ribalta delle cronache.
La storia di Reneuzzi si conclude in modo drammatico con un omicidio-suicidio di natura passionale. Davide Bellomo ha 31 anni, ed è l’ultimo abitante del borgo. È fidanzato con Maria Franco, una ragazza di poco più di vent’anni, sua cugina. I genitori di lei però non vedono di buon occhio la relazione, anche per la parentela tra i due. Come tante altre famiglie, decidono di lasciare la valle dei Campassi per cercare fortuna nel genovese, e il fatto di lasciare indietro, insieme alla valle, anche quella relazione scomoda probabilmente non dispiace loro. Maria avvisa Davide della cosa e gli dice anche che lei andrà con i suoi genitori. A questo punto pare che Bellomo abbia perso le staffe e abbia minacciato la giovane di ucciderla piuttosto che lasciarla andare, fatto sta che il giorno della partenza Maria, detta Mariuccia, si attarda sul sentiero, staccandosi dai genitori: Bellomo la raggiunge e le spara alle spalle, lei riesce ancora a scappare, riparandosi dentro una casa, ma viene raggiunta e finita. Dell’omicida per giorni non si hanno più notizie, sembra sia fuggito, ma qualche settimana dopo, un pastore che abitualmente percorre il sentiero che porta da Reneuzzi a Ferrazza, attirato dall’odore sgradevole, trova il cadavere di Bellomo nascosto dietro a un cespuglio, la rivoltella a poca distanza da lui.
Ora Reneuzzi si presenta come un borgo in totale decadenza, le case sono collassate su se stesse, il bosco ha fagocitato le costruzioni, ma pensate che nel periodo di massima espansione qui ci vivevano 300 persone: c’era la chiesa (che rimane ancora oggi, anche se profonde crepe si aprono sui muri), con il suo particolarissimo campanile a vela, che fungeva anche da scuola per i bambini della valle, c’era persino una piazza, punto di ritrovo per la gente del paese. È in questa piazza che sono stati collocati dei tavoli di legno e delle panche. È qui che è ora di sedersi, godere del silenzio, e cominciare a scrivere.


Post scriptum: il telefono qui prende poco o non prende del tutto, approfittatene!