La recensione di "Da qui è incredibilmente bello" di Elia MercanzinDa qui è incredibilmente bello

di Elia Mercanzin

 

La trama

“Da qui è incredibilmente bello” è la storia di Giulio, trentenne scisso tra quello che è sempre stato, un marito chiuso in una vita familiare prevedibile, e ciò che un viaggio di lavoro inaspettato con la collega greca Sophia gli fa scoprire di sé stesso. Sophia che c’è e poi non c’è più, che come una marea va e torna senza sapere mai con precisione il punto in cui lascerà il segno. Giulio dovrà allora fare i conti con sé stesso, con l’assenza, con una vita che diventa momento, imprevedibile e dunque molto più umana. La trama del romanzo di Elia Mercanzin non può che essere domanda più che risposta, perché è la ricerca del senso, della risposta ultima, quella che tiene avvinto il lettore dall’inizio alla fine del libro. Dunque si può essere per anni l’ombra di se stessi, una propria copia in bianco e nero nell’epoca del colore? Una volta aperti gli occhi tornare alla rassicurante vita familiare sembra impossibile. Cosa resta dunque da fare? Giulio si trova a sbandare, ad incrociare il suo cammino con persone che sembrano casuali, e che forse lo sono. O forse no. C’è qualcosa al di là delle nostre azioni? Qualcosa che unisce ciò che siamo al nostro passato, al passato dei nostri genitori, alla memoria della nostra famiglia? E se così fosse, è possibile uscire da questo circolo di corsi e ricorsi storici?

Oltre la storia

“Da qui è incredibilmente bello”, oltre ad essere semplicemente una storia, intesa come narrazione di eventi con un inizio ed una fine, ha allo stesso tempo l’anima di un trattato, senza tuttavia l’aspetto ieratico che il termine porta talvolta con sé. Partendo dalle teorie di Rupert Sheldrake, Anne Schützenberger e Alexander Lowen Elia Mercanzin cerca di dare un senso alle vicende dei suoi personaggi alla luce degli studi sulla risonanza morfica, la psico-genealogia e la bioenergetica. L’illustrazione puntuale di questi temi, da sola, richiederebbe volumi e volumi, motivo per cui mi fermo ad una spiegazione sommaria ma essenziale, trattandosi di teorie non di comune dominio, ma assolutamente suggestive.

La risonanza morfica di Rupert Sheldrake

Rupert Sheldrake, biologo e saggista britannico, teorizza l’esistenza di una memoria collettiva caratteristica di ciascuna specie, compresa quella umana, a cui ciascun membro può attingere, sintonizzandosi in questo modo con i membri che nel passato hanno fatto parte della stessa specie. Questa sorta di “risonanza” tra individui e gruppi della specie a sua volta porterebbe all’ulteriore sviluppo della stessa. L’uomo avrebbe dunque la possibilità di attingere a ricordi che non sono localizzati nel cervello, ma in un campo di informazioni esterno, al quale egli può avere accesso attraverso il proprio cervello. Questo implica, secondo Sheldrake, che se un certo numero di individui all’interno di una specie sviluppa alcune proprietà psicologiche, organiche o comportamentali, queste vengono automaticamente acquisite dal resto della specie.

La psico-genealogia

di Anne Schützenberger

Anne Ancelin Schützenberger è stata una psicologa e psicoterapeuta francese, mancata tra l’altro pochi giorni fa, attiva soprattutto nell’ambito della psicoterapia di gruppo e dello psicodramma, che ha contribuito a sviluppare la tecnica del genosociogramma, un albero genealogico che tiene conto del ripetersi all’interno di una famiglia di particolari traumi fisici e psichici tra una generazione e l’altra. In sostanza secondo Anne Schützenberger, è importante conoscere la vita dei propri antenati per comprendere l’importanza della trasmissione inconscia nei legami tra differenti generazioni.

Alexander Lowen e la bioenergetica

Alexander Lowen è stato uno psichiatra e psicoterapeuta statunitense attivo nel secolo scorso, teorico della bioenergetica, teoria secondo la quale è possibile comprendere la personalità di un individuo in termini energetici e quindi aiutarlo a risolvere i propri problemi agendo contemporaneamente sulla mente e sul corpo. Il fine ultimo è quello di aiutare l’individuo a recuperare la capacità di provare piacere e sperimentare la gioia di vivere.

L’autore

Elia Mercanzin, classe 1973, veneto, lavora nel mondo della comunicazione, è appassionato di Storia contemporanea e di musica. Come cantautore ha infatti alle spalle due progetti, Luftbrucke, primo progetto solista, e Kissing Jude. “Da qui è incredibilmente bello” è il suo romanzo di esordio.

L’estratto

“Nel mio caso il souvenir che mi porterei a casa potrebbe essere la certezza che metterci una pietra sopra è l’unica cosa da fare, oggi, qui. Non che debba andare nel futuro per capirlo. Lo so già. Ma non è che funzioni proprio bene metterci ‘sta casso di pietra sopra. Perché io so che c’è lei sotto. Come il lombrico.
Dopo un giorno torni, sollevi il sasso e lui è ancora lì. E poi, il problema grosso è che se parliamo di pietre, lei è la pietra di paragone quind metterci un’altra pietra sopra così ad occhio non è una grande idea. È la maniglia della porta che mi si infila nella tasca del giubbotto mentre sto uscendo di fretta pensando ai fatti miei e porcaputtana prendo uno strattone che una vola o l’altra ci lascio giù la spalla. Questa è Sophia.”

Lo stile

“Da qui è incredibilmente bello” presenta un lessico colloquiale, infarcito di elementi dialettali che tuttavia non disturbano la lettura e non necessiterebbero di note, che in realtà l’autore inserisce comunque a pié di pagina. Il linguaggio è spesso ironico, anche nei punti più toccanti del romanzo: l’ironia di chi ha paura di prendersi troppo sul serio e indaga con difficoltà i recessi della propria anima, rimanendo sulla superficie per paura di andare troppo a fondo e smuovere, in un solo istante, la sabbia che si è depositata in anni e anni. Eppure non è un libro facilone né superficiale: se l’autore non si prende sul serio è per scelta e non certo per incapacità e questo gli consente di trattare argomenti spigolosi con una certa grazia.
I capitoli brevi danno un ritmo cadenzato alla narrazione, mentre l’uso frequente del discorso diretto rende veloce la lettura. L’andamento del romanzo procede per illuminazioni successive che si sviluppano essenzialmente attraverso il processo dialogico. Talvolta lo spirito didascalico prende troppo il sopravvento e rende i dialoghi un po’ meno naturali, ma nel complesso questo non inficia la godibilità della storia. La seconda parte della storia scorre un po’ meno fluida rispetto alla prima parte. Nonostante questi piccoli elementi perfettibili il romanzo di Elia Mercanzin ha l’indubbio merito di raccontare una storia profondamente umana con una ricchezza nuova. Merita di essere letto.

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