Davide Morganti - Il cadavere di Nino Sciarra non è ancora stato trovatodi Davide Morganti

La critica del testo e tutto l’apparato di recupero, rivisitazione e revisione di autori smarriti è e sarà sempre oggetto di azione accademica o di settore. È molto difficile pensare che il lettore medio, quello comune, escluse le menti nobili e le dovute eccezioni, si inerpichi nella ricerca di un’opera dimenticata o pubblicata con successi diversi da quelli canonici più di cinquant’anni fa: sia chiaro, è giusto e comprensibile che vada così, al netto però di perdite importanti. Qui subentra Morganti, lo stesso della Screazione einaudiana letta nell’antologia Disertori, della Caina che è libro e film premiato a Parigi e di tante situazioni altre che lo portano in rilievo nazionale e internazionale.

Nel suo Il cadavere di Nino Sciarra non è ancora stato trovato (Wojtek edizioni, 2019) Davide Morganti decide di farci un regalo e di darci una grossa occasione, declinando nelle pagine di una storia volta al recupero di un cadavere, la riconoscenza e la resurrezione di una serie di opere che mai, mai avremmo potuto fruire altrimenti, in un centinaio di pagine che diventano romanzo, apparato critico e antologia di testi altri. Ricerca il personaggio di Morganti, e s’interroga, su contenuti che smuovono le menti di tutti, iniziando con quel Dio e con quella fede che riempiva le profondità di Nedda Falzogher e Carlo Coccioli lasciando al cercatore riflessioni intense e piene («Primo pensiero di morte: so che morirò. Secondo pensiero di morte: Gesù Cristo, sulla croce, era più preso dalla morte o dalla resurrezione?») per passare poi ad una precarietà che sigilla l’uomo («Ci sono città che crollano pure se restano in piedi, pure se la vita continua, nessuno se ne accorge, tutto procede uguale eppure quella città non c’è più») in un contesto nazionale che non sempre sa – e non sempre è stato educato – a cogliere le situazioni nella loro serietà, nel quale non si fa che ridere anche quando è appena accaduta la morte.

Il protagonista del romanzo si eclissa – e così fa il Morganti – come Dio nella creazione, decidendo di conversare idealmente con questi autori, di dar loro luce, di consentire quella parola che non sarebbe stata spendibile senza questo libro. Il lettore conosce, studia e vive il pensiero di scrittori di cui mai avrebbe potuto fruire altrimenti, tornando idealmente tra i banchi di scuola e avendo come mai l’opportunità e l’impulso nel documentarsi e nell’imparare in una storia che di cadaveri arriva a computarne di molteplici cercando di dar loro un riposo che, sperando non eterno, sia almeno consolatorio e istruttivo ai terzi.

Non mi capitava di apprendere così tanto dai tempi dell’Uccidiamo la luna a mare chiaro della Carmosino. Morganti si accosta a questa linea, con il pregio di regalare opportunità di conoscenza a chi si avvicini al suo scritto aggiungendo al recupero e alla memorialistica una rete di romanzo che coinvolge e stimola, una stanza dopo l’altra, ad addentrarsi in un inferno in cui a stento si respira.

Assoluto è l’esercizio della punteggiatura, la parola sostanziale, il gioco di prestigio evitato: l’autore offre nelle pagine la polpa, la materia, la concreta realtà, inscrivendosi – già da tempo, a dire il vero –  in un canone necessario al futuro lettore: parlare degli ultimi vent’anni di letteratura stanziale, destinata a rimanere, escludendo Morganti, sarebbe peccare.

Questo libro va acquistato, salvato dai traslochi, sfogliato di continuo.

Questo libro va letto dagli aspiranti, dai confermati, dai volenterosi di imparare.

Aggiungiamo, a corredo, un piccolo estratto:
I rumori stanno scomparendo, restano i miei e mi inquietano, potrebbero farmi morire, farmi intercettare da eventuali presenze, potrei essere ucciso da Nino Sciarra. Non c’è solo il suo cadavere, ne sono sicuro, gli altri stanno sfumando dietro l’immensa massa di roba inutile e presto resterò solo; ho paura dei miei passi, me ne sto immobile per ore senza far niente, arrivano sibili, scricchiolii, sento gocciare da qualche parte e quando le ombre si fanno fitte quasi smetto di respirare.

 

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