Rubrica semiseria di critica cinematografica

A cura di Tiziana Cazzato

Non sono un critico cinematografico e il mio appassionantissimo esame di Storia e critica del cinema appartiene ormai alla preistoria (ehi, non pensate però che io sia così vecchia!).

Non ho mai avuto il tempo di…  Mi correggo (essendo una sostenitrice del se si vuole, si trova il tempo per tutto): negli ultimi anni non mi sono mai presa il tempo di frequentare più o meno assiduamente le sale cinematografiche o i siti che offrono i film in streaming. E non perché non mi piacessero, anzi…

Evito di dipanare l’ingarbugliata matassa della mia esistenza: intrigo non internazionale, che mi ha portato altrove.

cinemaFino a quando non è arrivata la quarantena. Nei mesi in cui sono stata obbligatoriamente reclusa in un appartamento la cui metratura avrebbe inibito persino a Barbie Gym un minimo di salutare attività fisica in sicurezza, ho avuto occasione di fare molte cose: didattica a distanza, fondamentale anche per fare pace con il registro elettronico, che si è rivelato a me in tutte le sue potenzialità, mettendosi a mio completo servizio; studiare per acquisire maggiore professionalità in quello che voglio realizzare. E poi, sì, ho letto tanto, oserei dire quasi tantissimo, al punto da stupirmi io stessa non solo della quantità, ma anche dei libri che ho avuto il coraggio di leggere e di cui, per pudore, non rivelerò giammai i titoli.

E ho iniziato a seguire (che parolona!) serie televisive, vedere e rivedere film e anche qui avrei potuto fare meglio e in quantità, ma soprattutto in qualità.

Le mie giornate di quel periodo erano di 24 ore come quelle di tutti, credetemi!, ma non avevo la “fortuna” di disporre di un forno e, quindi, l’obbligo di impegnare tempo in impasti da pizzaiolo provetto il sabato sera non mi ha riguardato, tantomeno quello di sfornare ciambelle o crostate a colazione (avrei tanto voluto farlo, però! Attraverso lo schermo percepivo persino i profumi delle cucine altrui, mentre la mia era ridotta a condire insalate, grigliare qualche fettina di carne ogni tanto e ancor più raramente lessare una cinquantina di grammi di pasta).

Altra cosa che ho limitato sono state le ore di sonno, ridotte al minimo sindacale: porto ancora a spasso con disinvoltura le borse sotto gli occhi (neanche fossero firmate Louis Vitton!) di quelle lunghe notti davanti allo schermo del computer, in compagnia di Netflix o Amazon Prime, perché, miei cari, io non avevo nemmeno il televisore in casa!

E allora ecco le maratone in streaming con Boris, considerata la più geniale delle fiction italiane, oppure con la regina di tutte le serie di ogni tempo e luogo: La casa di carta!

A un certo punto ho pensato che non potevo essere l’unica sulla faccia della terra a non conoscere la serie spagnola con il Professore, Berlino e tutta la compagnia.

Lo confesso, non amo molto le serie e quando giunge anche solo l’dea di una terza o quarta stagione, mi sono persa già per altri lidi.

In alcuni casi, diciamoci la verità, la fiction è così poco convincente che risulta troppo anche la prima stagione. Altre volte, invece, la prima stagione è talmente bella che è un peccato farne un sequel.

popcorn-cinemaSpero, ma non importa se così non fosse, che io non sia l’unica a non essermi appassionata a La casa di carta (su Netflix) che ha, a mio gusto, così tanti buchi da battere l’Emmental svizzero. E poi, cari autori, quando state già pensando a una terza e chissà quante altre stagioni, mi spiegate quale ragione vi spinge a far morire nel nono episodio della seconda parte della prima stagione il personaggio più carismatico e affascinante della serie? E non potete pensare di accontentarmi dicendo che Berlino sarà comunque presente nelle puntate successive, perché io non posso continuare a seguire una serie in cui la storia è portata avanti da continui flashback! Tanto valeva iniziare da quelli e far coincidere fabula e intreccio. Insomma, morto un Berlino, non se ne fa un altro e ci ho provato ad andare avanti, ad affezionarmi, ma non ce l’ho fatta e son dovuta uscire dalla Banca Nazionale di Spagna.

Eppure c’è una serie di cui ho seguito ogni episodio! E non è stata un’impresa eroica, perché The Marvelous Mrs Maisel (su Amazon Prime per la regia di Amy Sherman-Palladino [quella di “Una mamma per amica”], che è anche sceneggiatrice) è unica, fantastica! Vivace, ironica, divertente: la protagonista è una perfetta donna americana degli anni Cinquanta che, divorziata dal marito nel 1959, sale ubriaca sul palco di un club e improvvisa uno spettacolo su quello che le è successo. Inizia così la sua carriera di comica, facendo dell’autoironia la sua arma vincente. Ambientazione e atmosfera della New York degli anni Cinquanta, costumi, dialoghi vivaci e soprattutto le gag di Midge Maisel, sono alcuni dei validi motivi che mi stanno facendo attendere come non mai la nuova stagione. E poi bisogna scoprire se cederà al fascino del collega Lenny Bruce, unico personaggio realmente esistito. Da non trascurare, infine, il particolare di un gran bel cast, di cui fa parte quello che per me è e sarà sempre l’indimenticabile Monk (Abe Weissman). Dovrò continuare a seguirla, anche se spero che trasmettano l’ultimo episodio prima che a me vengano i capelli bianchi… ah, quelli un po’ già ce li ho, ma ripeto: non pensate che io sia vecchia!

E potete immaginare la mia reazione quando mi hanno consigliato The Crown (Netflix), la serie evento sulla regina Elisabetta II. Con che entusiasmo e soddisfazione ho guardato in un lunghissimo fine settimana le prime due stagioni, ma poi… Io comprendo che gli anni sono passati e che regina, consorte e tutti gli altri protagonisti sono invecchiati, ma era necessario proprio cambiare gli interpreti? Uno spettatore si affeziona a un volto, a un attore. E vabbè, su questo posso soprassedere. Non riesco, però in alcun modo, a non dire che dalla terza stagione in poi la trama perde credibilità: alla fine dei conti, forse, non è colpa nemmeno degli sceneggiatori, perché – se nelle prime due stagioni la ricostruzione si basa sulla storia – dalla terza in poi le fonti sono fornite da giornali e gossip e si vede. Eccome si vede! Allora via anche da Buckingham Palace per ritornare nel mio Paese.

E approdo, sì, finalmente!, in una produzione tutta italiana, che ha segnato un po’ la storia della nostra televisione. Con sarcasmo e ironia, Boris (si può seguire su Netflix) mette in scena quello che accade dietro le quinte di un set, durante le riprese. Decisamente bravissimo Pannofino e che dire della simpatica Caterina Guzzanti, ma soprattutto del super Corrado? Gran bel cast (da Oscar il pesce rosso! Quale? Sono tutti ben calati nell’acq…scusate, nella parte) battute memorabili, entrate ormai nella storia e in tutti i link possibili e immaginabili dei vari social!  Dissacrante, divertente: credo di aver capito perché è diventata un cult ma, al contrario di quanto dice il direttore della fotografia (Ninni Bruschetta), “Smarmella! Apri tutto!”, penso che anche sia il caso di porre la parola fine, di non progettare altre stagioni, di chiudere un’esperienza televisiva che solo fermata lì, può continuare a restare unica e originale.

Non sono un critico cinematografico, ma mi piacerebbe condividere con voi le mie visioni…ehm, forse è meglio dire: condividere con voi la mia opinione di spettatrice ritrovata di film e fiction, in questa rubrica semiseria di Visti e Svisti. E se non torna il lockdown, continuerò ad andarmene tranquillamente al cinema, a coltivare una passione da troppo tempo sopita.

Si accettano suggerimenti!

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