Mio fratello, mia sorella, di Roberto Capucci

Visti e Svisti – la rubrica semiseria ̶d̶i̶ ̶c̶r̶i̶t̶i̶c̶a̶ ̶c̶i̶n̶e̶m̶a̶t̶o̶g̶r̶a̶f̶i̶c̶a̶

a cura di Tiziana Cazzato

Succede sempre così. So che mi comprenderete. Dopo un mese e mezzo di lavoro, arriva il fine settimana di Ognissanti. Il tanto atteso lungo weekend, ricco di cose da fare, luoghi in cui andare, posti da vedere. Ma… Il lungo fine settimana di Tutti i Santi si presenta già più breve di quello che speravo: martedì 2 si torna a scuola, non è festivo! Mentre io avevo già immaginato, programmato… Ci metto poco a reinventare e a riprogrammare, a… se solo non ci si mettesse il tempo.

Pioggia! E sì, il primo lunedì di festa da quando è cominciato l’anno scolastico si presenta con tante gocce, interminabili gocce che fanno a gara per arrivare il prima possibile sulla terra. Come spingono! Come corrono! E quante sono! Io le guardo da dietro il vetro della finestra e mi piacciono pure, mentre penso a ciò che avrei potuto e voluto fare. Non mi fermo e decido di dare una svolta alla giornata, dandole almeno una parvenza di un dì di festa, durante il quale mi impongo di non lavorare! Niente scuola, niente lezioni da preparare, ma soltanto buona musica, letture e un po’ di bei film.

Bei? Beh, non proprio tutti. Un po’ alla deriva, ho viaggiato senza meta e visto da vecchi film in bianco e nero, in pendant con le mie proverbiali notti, a film nuovi a colori; da film italiani a film stranieri. Non vi preoccupate, non vi parlerò di tutti quelli che ho visto: non abuserò mai della vostra pazienza.

Non commenterò certo – chi sono io? –  “Casablanca”, un cult leggendario che dopo settant’anni non ha perso il fascino né suo, né del suo protagonista (Humphrey Bogart) e la capacità ogni volta di farmi versare lacrime. Tante lacrime.

E mi veniva (quasi) da piangere – ma per motivi diversi – anche guardando Mio fratello, mia sorella di Roberto Capucci.

mio_fratello_mia_sorella_locandinaIl film inizia in una chiesa, in cui si sta celebrando il funerale di un professore universitario di fisica astronomica. Al primo banco siede sua figlia Tesla (Claudia Pandolfi), con i suoi due figli Carolina (Ludovica Martino) e Sebastiano (altra bella prova d’attore del giovane Francesco Cavallo, che ha dimostrato il suo talento già in La scuola cattolica di Mordini). Irrompe nella chiesa, dopo vent’anni trascorsi lontano dalla famiglia, in Costa Rica, dove ha vissuto alla giornata e dedicandosi al kitesurf, il fratello Nikola (Alessandro Preziosi).

Il padre defunto, probabilmente un po’ eccentrico – con i nomi scelti per i suoi figli ha omaggiato il fisico serba Nikola Tesla – ma di certo pieno di sorprese, soprattutto per Tesla e Nik che speravano di prendere ognuno la propria parte di eredità e di salutarsi (anche no!) per sempre.

I due fratelli, invece, per uno scherzo (?) del padre, si ritrovano a dover dividere la casa di famiglia per un anno. Un lunghissimo anno prima di poter dividersi il patrimonio di famiglia. La situazione va stretta a Nik e (soprattutto) a Tesla, che non si sopportano; la situazione va ancora meno bene a Carolina che, all’arrivo dello zio, ne approfitta per andare via da casa e liberarsi dall’ingombrante presenza di sua madre e dalla zona d’ombra in cui è costretta a vivere per…

Oh, a questo punto dovrei tacere e rispettare il volere di Tesla che tiene nascosto un (evidente?) segreto di famiglia. Un segreto che non vuole rivelare nemmeno a suo fratello. In fondo, perché avrebbe dovuto dirglielo? Affinché lui si ricordasse di avere una sorella?

Perché, miei cari amici Visti&svisti, è ben evidente che Sebastiano, il figlio minore di Tesla, soffre di un grave disturbo psichiatrico. I cambiamenti lo destabilizzano – almeno così afferma più volte la madre che cerca forse solo una buona ragione per mandare via Nik, con il quale non è intenzionata a ricucire (è il termine giusto?) un rapporto.

Il resto è da scoprire guardando questo movie che non mi ha entusiasmato. Il regista ha cercato di raccontare, in quello che voleva essere un film drammatico, i disagi della famiglia, il disagio della malattia e dei suoi riflessi nell’esistenza di chiunque vi viene direttamente o indirettamente coinvolto , senza però riuscire a suscitare le emozioni sperate, trascritte nelle pagine di una sceneggiatura che non decolla e che fra le altre cose, regala un finale… taccio.

Non posso spoilerare e non lo farò, anche se le intenzioni risultano chiare. I due fratelli che si ritrovano? Il ritorno a essere famiglia? Un’insperata e magica guarigione?

Vi ho detto più volte che mai avrei rivelato il finale, ma in questo caso vi posso almeno dire che mi ha lasciato letteralmente senza parole. E dovreste vedere la mia espressione mentre lo scrivo!

Ho apprezzato Claudia Pandolfi che ci mette il cuore e ben rende il ruolo di una madre in preda all’ansia dimentica di  cosa vuol dire essere donna e divertirsi. Troppo presa (e come non potrebbe?) dal figlio malato che vive chiuso in casa, progettando la grande missione: portare la musica su Marte. Perché Sebastiano è sì schizofrenico, ma ha una passione per la musica e suona divinamente il violoncello. Ed è proprio lui, insieme ad Alessandro Preziosi, a regalare quella che per me resta la scena più emozionante.

Nel cuore della notte Nik, anch’egli musicista seppur mancato, inizia a suonare il pianoforte. Tesla si alza dal letto e sempre in apprensione per il figlio, vorrebbe dirgli di smetterla, ma non ci riesce. Si ferma di colpo, perché la raggiungono le note del violoncello di Sebastiano che si unisce a un magnifico Al chiaro di luna di Beethoven. E lì ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata trasportare dalla musica.

Colonna sonora meravigliosa.

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