Il male visto da dentro

Recensione di Silvia Guberti

Un uomo si sveglia in un letto, non ha memoria di ciò che è stato, né riconosce dove si trova. Il corpo è un involucro immobile di dolore. In un istituto c’è invece un ragazzo, Fran, poco più che un bambino, che ha fatto qualcosa di indicibile. Eppure, ha solo tredici anni. Alan, l’educatore, deve farlo parlare. Due uomini lo aspettano fuori dalla zona visitatori; vogliono sapere, stanno perdendo la pazienza. Ma Alan ha bisogno di altro tempo, perché quello che Fran si tiene dentro è seppellito sotto cumuli di macerie, di male vissuto, di male fatto.

Chi sono davvero Fran e l’uomo bendato? Che relazione c’è tra i due? Di cosa si è macchiato Fran?

 

titanio-copertinaLa storia di Titanio procede su due fronti. Da un lato c’è l’uomo senza memoria, che cerca di ricostruire chi è e dove si trovi, ma soprattutto chi è quella donna che lo accudisce, si direbbe quasi con amore. Dall’altro, i colloqui tra Alan e Fran calano il lettore in un passato terribile, da ricostruire pezzo per pezzo.

«Hai già scritto due pagine di roba e non abbiamo ancora detto nulla.»

«Ogni cosa è importante. I ricordi sono come le case, bisogna partire dalle fondamenta.»

La ricostruzione è dolorosa, un sorta di processo catartico che costringe il ragazzino a ripercorrere anni di dolore e soprusi in una famiglia che definire disfunzionale è riduttivo.

La famiglia di Fran vive alla Ciambella, quartiere residenziale in degrado dove hanno trovato casa sbandati e disgraziati. I genitori coltivano marijuana e la spacciano come possono, Fran è al contempo una risorsa, per loro, e un impaccio. A volte, quando le cose vanno male, lo chiudono in cantina.

«Amore e fiducia. Sì, ecco. Era quello che mi ripetevo sempre anch’io. Mi dicevo: se sono i miei genitori a volerlo, sicuramente ci sarà un motivo. Sarà giusto così. È una cosa normale, no?»

E invece non c’è nulla di normale in due genitori che sono portatori del male. Ma il male, come dice il protagonista, non si può sopportare per sempre.

 

I personaggi di Titanio sembrano inconsciamente animati da una “fame” di redenzione, Fran su tutti. Ma Fran è cresciuto prematuramente, e facendolo non ha potuto evolvere. Una parte di lui, infantile, resta soffocata e strepita per uscire.

Titanio è un romanzo sul male, quello più feroce, quello che viene da dentro, e su quali strade l’inconscio possa prendere per sfuggirvi. Bonazzi mette su un’architettura di immagini potenti, in cui la storia sfila come un thriller di cui si vuole assolutamente sapere il finale.

Titanio è un romanzo per chi vuole capire quali strade assurde la mente possa percorrere quando si sente braccata, senza via di scampo. Bonazzi ci ha già abituato a una scrittura senza peli sulla lingua, che riesce a tratti a essere disturbante per quanto è vera; con questa ultima prova va oltre, dando un pugno nello stomaco a chi fa finta che certe cose non possano esistere.

Titanio, di Stefano Bonazzi

Alessandro Polidoro Editore, 2022

255 pagine, 15 euro

 

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