di Giuseppe Nibali
Di uomini nudi abbracciati alla vita, schiacciati da un male ricevuto in dono, di questo, di questo e di molto altro ancora parla Tutto chiede salvezza (Mondadori, 2019) di Daniele Mencarelli.
L’autore ci ha abituato in questi anni di militanza poetica e prosastica ai bei titoli e ai bei libri. Già il suo La casa degli sguardi aveva conquistato pubblico e critica imponendosi come fenomeno editoriale di qualità, con il dono raro di essere trasversale, e con la caratteristica non scontata di essere adatta ai giovani senza mai scadere nella letteratura emozionale o sensazionalistica.
Con il nuovo testo, Mencarelli ha vinto la settima edizione del premio Strega Giovani con 64 preferenze su 344 voti espressi ed è arrivato nella cinquina finalista della competizione maggiore.
Dallo studio medico alla mia stanza saranno al massimo una decina di passi. Li faccio lentamente, i volti di mio padre e mia madre, di mio fratello e mia sorella, mi accompagnano in silenzio. Da quando sono nato non ho fatto altro che portare disordine, un’esagerazione dietro l’altra, tutto un impulso da seguire, nel bene come nel male. Non so vivere in un altro modo, non riesco a sfuggire a questa ferocia: se c’è una vetta la devo raggiungere, se c’è un abisso lo devo toccare.
Nel corso del romanzo sono descritti i sette giorni di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) che Mencarelli vive sulla sua pelle durante i vent’anni.
È l’estate dei mondiali, quella estate del ‘94 che, qui come negli USA, in cui si disputarono, fu torrida.
Daniele ha una crisi, una profonda crisi di rabbia. Il ragazzo è tornato a casa sotto effetto di stupefacenti e così ha sbattuto le porte e ha scassato mensole, mettendo a soqquadro la casa e aggredendo, in ultimo, il padre. Per questo è stato sottoposto a TSO, per questo si trova in una clinica per la riabilitazione psicologica. Insieme ad altri uomini.
Dopo la crisi: nero e ancora nero e da quel momento in poi è un’immersione nei suoni, negli odori e nelle menti delle molte figure che animano l’ospedale psichiatrico.
Daniele (e questo vale per il personaggio tanto quanto vale per l’autore) è tormentato dall’empatia, il protagonista infatti non si limita ad affrontare il suo dolore, o il dolore del suo tempo, o la condizione (basterebbe quella) di esistere come ventenne negli anni ‘90, dopo la caduta del muro e il crollo delle religioni, Daniele è tormentato da una personalissima forma di dolore, non riesce a non immedesimarsi negli altri, non riesce a non condividere con loro la pena.
L’ospedale, a questo proposito, è un doppio dolore.
Tra le maschere che lo abitano il protagonista riscopre una natura umana autentica a cui non riesce a non porgere orecchio, fitta di reagenti utili per comprendere meglio la sua stessa natura.
Forse loro, malgrado tutte le differenze visibili e invisibili, sono la cosa più somigliante alla mia vera natura che mi sia mai capitato di incontrare.
C’è Gianluca, sempre tagliato in due, ora dalla pulsione di morte, ora da un’irrefrenabile voglia di vita. C’è Madonnina, che prega, che si affida continuamente a dio raccontandogli un segreto che solo a lui appartiene. Mario, il maestro di scuola che guarda gli uccellini fuori dalla finestra e con loro, solo con loro, riesce a fare amicizia. Giorgio, che si taglia le braccia, che si infligge profonde cicatrici in ricordo della madre morta quando era bambino, raccontando col corpo un dolore che non riesce a raccontare con la voce.
In ultimo, Alessandro, catatonico, vegetale, che ha in cuore e negli occhi un buio impossibile da raccontare, e per questo fissa una porzione di muro, senza fissare niente, e che forse conosce il segreto del vivere e del morire.
Queste sette solitudini sono incorniciate, naturalmente, da quelle dei medici e degli infermieri, che appunto, abitano la clinica come un contorno, senza incidere, come presenze fantasmiche e sole. Sono figure, queste, che l’autore conosce molto bene, avendo lavorato per alcuni anni all’ospedale pediatrico Bambino Gesù, e per questo tutte le loro grazie e tutte le loro colpe (soprattutto la mancanza di ascolto) vengono qui squadernate con maestria.
Ci sono gli spaventati, ci sono gli irrisolti, e c’è una dolcezza complessa, di cui Mencarelli è maestro, che permea l’anima stessa del racconto, rendendo la struttura narrativa semplice solo a una prima occhiata.
Ciò che Mencarelli propone, infatti, non potrebbe essere maggiormente complesso: scandagliare l’animo umano. Lasciarlo davanti all’incognita enorme e tremenda della pazzia e dell’errore.
Tutto chiede salvezza, di Daniele Mencarelli
Mondadori, 193 pagine
Prezzo di copertina: 19 euro.
Leggi anche – Adorazione, di Alice Urciolo