Exif_JPEG_PICTURE

Intervista a Vitantonio Lillo, di Tiziana Cazzato

Il mondo di Vitantonio Lillo – Tarì De Saavedra è semplicemente un mondo pieno di poesia. E non potrebbe essere diversamente, perché Lillo la poesia la scrive, la cerca, la pubblica, la promuove. Perché Lillo è forse prima di tutto un poeta nella vita, con il suo sorriso, la sua simpatia, la sua spontanea semplicità, e nelle pagine che compone impregnandole di Sud, di vita, di quella ironia e di quella leggerezza che rendono i suoi testi, sia in prosa che in versi, freschi, profondamente veri e veramente profondi (leggete “Limonio”). Perché Lillo è anche forse prima editore e produce la bellezza in libri che vale la pena leggere e che fanno parte di due collane, iFossili e iCentoLillo, un’idea nata con l’intento di pubblicare almeno 100 nuovi poeti nel panorama italiano, senza dimenticare “Voce alla poesia”, la collana dedicata agli audiolibri di poesia contemporanea. Perché Lillo ha scelto con entusiasmo, tenacia, passione e  coraggio di dar voce alla poesia, quando nel 2013 ha avviato la sua casa editrice, “Pietre Vive”, un piccolo pregiato fiore sbocciato in quel di Locorotondo e che da quasi sette anni, come una roccia, resiste alle avversità, ci regala preziosi libelli e si prepara a regalarci grandi progetti in un futuro che riserva a lui e a noi grandi sorprese.

Vorremmo ascoltarla da te, caro Lillo, la storia di Pietre Vive. Come e quando nasce? Con quali sogni e quali idee?

Pietre Vive nasce nel 2013, siamo ormai prossimi al settimo anno di vita. L’abbiamo fondata con un amico rilevando un precedente progetto associativo-editoriale nato nel 2002 e legato alla pubblicazione di un mensile di informazione di cui ero il direttore responsabile. Quando il mensile ha chiuso per i soliti motivi economici, io e il mio amico abbiamo pensato di continuare ma con un altro progetto. Poi anche l’amico si è allontanato e allora siamo rimasti io e il progetto.  

Sul sito leggiamo che la pietra viva è il nome comune dato a una pianta grassa che cresce nelle zone semidesertiche dell’Africa e che produce un fiore molto bello di colore giallo e bianco. Una metafora già nel nome della casa editrice…

Eh, mica per nulla siamo poeti qui! A parte le facili battute, come dicevo il nome era lì prima di me e credo avesse più a che fare con un passo della Bibbia legata ai Vangeli a cui si sposava la particolare architettura in pietra a secco delle nostre zone. Però non mi bastava, volevo farlo mio così, allargando lo sguardo oltre i nostri confini, è venuta fuori la metafora del fiore nel deserto.  

Perché la poesia è utile, perché dovrebbe essere letta?

Ci sono decine di risposte a questa domanda. L’ultima l’ho letta l’altra sera su Facebook – non mi ricordo se postata da Sergio Pasquandrea a Roberto R. Corsi o viceversa – e diceva che se è vero che tutto può insegnarci, allora anche le poesie possono insegnarci qualcosa. Io però ti rispondo con un’osservazione scritta da Leone Piccioni nell’introduzione a Vita di un uomo di Ungaretti, e dice più o meno che nei momenti di massima oscurità e sofferenza è sempre alla poesia che ci rivolgiamo per cercare un po’ di consolazione, talvolta un’assoluzione. Mi pare di per sé un ottimo motivo per non perderla mai di vista.

Quali sono le difficoltà di essere un editore oggi, e in particolare dell’essere un editore che ha scelto di dar voce alla poesia?

Economiche. Economiche. Economiche. In primo luogo queste tre. A cui si aggiunge spesso la mancanza di riconoscimento, la mancanza di spazio e attenzione non solo da parte del pubblico ma anche degli addetti ai lavori. Paradossalmente, per il pubblico se parli di “Poesia” intesa come genere letterario stai parlando della Serie A, ma se parli del “poeta” inteso come scrittore di poesie, nel 90% dei casi stai sottintendendo che è uno scrittore di Serie B, rispetto a chi fa narrativa ad esempio. C’è dunque, costante, questo scollamento fra l’ipotesi della Poesia e la poesia vera e propria che è quella scritta dal poeta. L’editore, che prova dar voce al poeta per arrivare alla Poesia, deve non solo lottare con tutti, col pubblico, con gli addetti ai lavori, delle volte coi poeti stessi, ma nella considerazione generale – che guarda soprattutto alla Serie A, non al dito ma alla luna – semplicemente non esiste, è un ingranaggio nel sistema dell’arte. Aggiungo, però, che una volta un librario mi disse una cosa che sulle prime non avevo capito, ma che dopo ho trovato assai vera. Mi disse che io non sono un editore, ma uno che fa libri. Non è la stessa cosa.

Ed essere poeti oggi?

Per altri versi vale quanto sopra. Con l’aggravante nel mio caso che, essendo un editore di poesia, proprio come il calzolaio del famoso proverbio, sono quello che fa le scarpe per tutti ma alla fine va sempre scalzo.

Nel tuo libro “Limonio” c’è una sezione dal titolo “Lamentazioni di un editore povero”, dandone persino una giustificazione in versi, ironicamente amara e vera…

Non te ne sto a spiegare l’origine, ché sarebbe lungo, letterario e noioso, ma ti dico che quando la leggo in pubblico molto spesso quella poesia non riscuote successo, perché allarga la colpa e la fa diventare una cosa di tutti. Un conto è sentirsi dire che l’editoria è cosa da poveracci, verità assodata, un altro è che fra i poveracci ci sei anche tu, che tutta questa povertà (economica, morale) è anche colpa tua. 

Quanti e quali nuovi fiori (progetti) in arrivo? Come si presenta il futuro prossimo e remoto di Pietre Vive?

In verità ho una marea di libri da pubblicare, anche troppi per quelle che sono le mie forze. Però soprattutto vorrei allargare le collane. La poesia la amo e non la abbandonerò mai, ma va preso atto che solo di poesia non si campa. Ho provato con una collana di audiolibri di poesia contemporanea ma credo sia una frangia di mercato che crescerà nel futuro remoto appunto. Visto che la salute del libro è sempre cagionevole, andrebbe capito di quale genere si può campare oggi in Italia facendo libri, e l’unica risposta seria (per quanto banale) che mi viene in mente è l’erotismo. Quindi…

Nell’immediato, però, per Natale usciremo con due piccole chicche legate alla dimensione del viaggio. Oblò/Portholes, poemetto su una traversata in nave di un americano a Parigi, John Taylor, nella traduzione di Marco Morello (con postfazione di Franca Mancinelli) ma già tradotto in altre lingue europee e vincitore di numerosi premi, e Diario pendolare, raccolta di prose poetiche sugli spostamenti in treno della pendolare Rossella Tempesta, già autrice Einaudi. Entrambi i libri sono illustrati, il primo dalla pittrice francese Caroline François-Rubino, il secondo dalla giovanissima Lucia Lodeserto.

L’ultima domanda a Vitantonio Lillo lettore. Quali letture prediligi? E se ti chiedessi di scegliere un libro per ogni stagione, quali proporresti ai lettori? 

Ovviamente leggo molta poesia, anche troppa in certi momenti, e questo ha reso i miei gusti abbastanza difficili. In prosa in genere prediligo la sintesi (Sciascia, Guerra). Mi piacciono anche le biografie o le opere di non-fiction (Isherwood sopra tutti). Però alla tua richiesta di un libro per ogni stagione rispondo così:

Primavera: Il paese delle nevi, di Kawabata Yasunari (Einaudi)

Estate: Memorie di un rivoluzionario timido, di Carlo Bordini (Sossella)

Autunno: L’airone di Giorgio Bassani (Feltrinelli) o in alternativa Pedro Páramo, di Juan Rulfo (Einaudi) 

Inverno: Morte di un maestro del tè, di Inoue Yasushi (Skira) 

 

Leggi anche – Intervista a Andrea Donaera