Intervista a Valentina Murrocu
a cura di Gaia Giovagnoli e Graziano Gala
Quali sono i tuoi maestri (non solo letterari: cinema, musica, arte figurativa, ecc.)?
Faccio una premessa: il bisogno di riconoscersi in uno spazio ideale entro cui si collocano i maestri è qualcosa di regressivo, di infantile; sarebbe, infatti, opportuno riconoscere sé stessi nell’intero, bastare a sé stessi. E, ciò nonostante, abbiamo bisogno di essere riconosciuti. Per quanto riguarda la poesia, Eugenio Montale, Amelia Rosselli, Carlo Bordini, Mario Benedetti, Milo De Angelis, Valerio Magrelli e Guido Mazzoni sono figure che considero fondamentali per la mia formazione. Un regista cui devo molto è il Michael Haneke della Trilogia della glaciazione (Il settimo continente, 1989; Benny’s video, 1992; 71 frammenti di una cronologia del caso, 1994). Quanto alla pittura, reputo maestri gli espressionisti tedeschi del movimento Die Brücke, in particolare Kirchner.
Quali poeti della tua generazione senti affini (per temi e/o scelte formali)?
Marilina Ciaco, Francesca Santucci e Pietro Cardelli.
Cosa cambieresti del panorama poetico di oggi?
È una domanda difficile. Una possibile risposta deve partire, necessariamente, da tre ordini di problemi. Il primo problema è interno alla poesia e riguarda la forma: l’impoverimento del lessico, il persistente ricorso al poetese, la difficoltà che lo scrittore presenta a conciliare testo autobiografico e momento gnomico-epistemologico; il secondo problema è esterno alla poesia e riguarda l’interpretazione o, meglio, la sovra-interpretazione: la mistica che la poesia ha accumulato e continua ad accumulare (penso al potere salvifico della parola poetica), la pretesa che un testo debba rimandare all’emotività (si tratta, invece, di restituire nello scritto la risposta a un impulso, è una questione fisiologica e, insieme, epistemologica); il terzo problema riguarda il pubblico della poesia: tutti scrivono poesie e, pertanto, desiderano esprimere il proprio ego, amplificarlo; molti di questi poeti, tuttavia, non leggono poesia, specialmente quella dei coetanei. Non posso cambiare nessuno di questi aspetti, non credo di volerli cambiare, ecco.
Fai riferimento solo al Novecento o ti senti vicino a qualche autore emerso negli ultimi 20 anni?
Due dei poeti che riconosco come figure di riferimento, ovvero Carlo Bordini e Milo De Angelis, sono nati tra la fine degli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento e hanno esordito negli anni ’70; Valerio Magrelli è nato nella seconda metà degli anni ’50 e ha esordito nel 1980; Mario Benedetti e Guido Mazzoni sono nati tra la metà degli anni ’50 e la fine degli anni ’60 e hanno esordito l’uno nel 2004, l’altro nel 2010. Possiamo dire che mi riconosco, perlopiù, negli scrittori che hanno scritto e continuano a scrivere a partire dagli anni ’70 del Novecento. La ragione di quest’affinità fa riferimento a due piani, uno storico e uno percettivo. Tra il 1971 e il 1972 viene meno l’elemento rivoluzionario interno al ’68 e rimane l’elemento anarco-individualistico: tutti questi scrittori portano con sé, nella restituzione verbale, quest’elemento. Dal punto di vista della percezione, tutti gli autori menzionati coniugano l’elemento autobiografico-narcisista e quello gnomico-percettivo, in particolare Magrelli e Mazzoni.
Chi è Valentina Murrocu
Valentina Murrocu (Nuoro, 1992) studia e vive a Siena. È laureata magistrale in Storia e Filosofia, presso l’Università degli studi di Siena. Nel 2018 è uscita la sua raccolta poetica d’esordio, La vita così com’è, per le Marco Saya Edizioni. Alcuni testi inediti sono apparsi su Mediumpoesia e Nuovi Argomenti.
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