Intervista a Chiara Alessandra Piscitelli
Quali sono i tuoi maestri (non solo letterari: cinema, musica, arte figurativa, ecc.)?
Sono in tanti. Poeti come Vittorio Sereni, Giovanni Giudici, Giovanni Raboni e ancora Patrizia Cavalli, Adrienne Rich, Mario Benedetti, hanno scritto versi che hanno condizionato molto la mia esperienza.
Se poi parliamo di musica si apre un discorso altrettanto lungo da cui posso isolare per affetto Leonard Cohen, David Bowie, Lucio Dalla, Lucio Battisti.
Negli elenchi lunghi si fa sempre torto a qualcuno, mancandolo. Che si tratti di scrittori, poeti o artisti, tutti quelli che posso definire “maestri” hanno scritto parole che sono un modo di stare al mondo. Un modo che, appunto, sento vicino al mio.
Quali poeti della tua generazione senti affini (per temi e/o scelte formali)?
Questa è una domanda davvero interessante. La poesia nella mia generazione viene spesso considerata incapace di aggiungere valore a quanto già è stato detto, come se non ci restasse che contemplare il passato, ma basta guardarsi intorno e leggere per capire che non è così.
I versi di poeti come Tommaso di Dio, Giorgio Ghiotti, Gianluca Furnari, per citarne solo alcuni, hanno la stessa potenza e maturità dei versi scritti alla stessa età quelli che chiamiamo “maestri”.
Cosa cambieresti del panorama poetico di oggi?
Mi piacerebbe che cambiasse l’atteggiamento dei grandi editori verso la poesia contemporanea. Insomma, che si scommettesse un po’ di più su quelli che chiamano “poeti giovani”, dicitura che già ci mortifica così, perché se è vero che una voce può essere giovane o matura, non è altrettanto vero lasciare che a stabilirlo sia solo l’età anagrafica. Questo vale anche per poeti non propriamente giovani e che ancora faticano a farsi spazio, nonostante il loro talento sia evidente.
Lo dico perché a fronte di uno sforzo notevole dei piccoli editori di puntare su voci inedite o poco conosciute, e su libri che non vendono migliaia di copie, c’è invece un atteggiamento scoraggiante da parte dei grandi gruppi editoriali. È comprensibile che le logiche di mercato impongano alcune scelte ma avrebbe senso se autori ormai consolidati vendessero migliaia di copie, sappiamo che non è così.
È molto più che una questione di prestigio, è perché versi di valore possano raggiungere un maggior numero di persone.
Sarebbe anche bello permettere a Festival dedicati esclusivamente alla poesia di sopravvivere.
Isabella Leardini, ad esempio, con il suo Parco Poesia ha permesso a decine di poeti di incontrarsi, conoscersi e scoprire altre voci. È un’esperienza importante, mi auguro che iniziative di questo tipo aumentino e non il contrario.
Fai riferimento solo al Novecento o ti senti vicino a qualche autore emerso negli ultimi 20 anni?
Se parliamo di poeti, ve ne sono alcuni che hanno esordito negli anni Novanta con raccolte importanti ma che hanno ricevuto la visibilità che meritano soprattutto negli ultimi venti anni e che non smettono di stupirmi, penso ad Antonella Anedda, Maria Grazia Calandrone e Pierluigi Cappello.
Chi è Chiara Alessandra Piscitelli
Chiara Alessandra Piscitelli è nata a Caserta nel 1992. Si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli e ha frequentato il Master in Editoria dell’Università Cattolica di Milano, dove vive e lavora come redattrice. Nel 2017 esordisce con la raccolta di poesie Un bene palindromo (LietoColle) e finalista del “Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Europa in Versi 2017” – Sezione Giovani.
Nel 2018 sue poesie vengono incluse nell’antologia poetica Un verde più nuovo dell’erba (LietoColle) e nel 2019 nell’antologia poetica Abitare la parola (Giuliano Ladolfi Editore).
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