Visti e svisti – la rubrica semiseria ̶d̶i̶ ̶c̶r̶i̶t̶i̶c̶a̶ ̶c̶i̶n̶e̶m̶a̶t̶o̶g̶r̶a̶f̶i̶c̶a̶

a cura di Tiziana Cazzato

L’incredibile storia dell’isola delle rose

Sto cercando un angolo in cui nascondermi per non venderla e non cedere al suo richiamo, alla sua richiesta di attenzioni. Gliel’ho detto ieri che le mi sarei dedicata oggi. Non ho specificato in quale momento della giornata, ma le ho promesso un po’ del mio tempo e glielo darò. È impaziente, però, e appena mi vede, trova sempre il modo di attirare la mia attenzione, di farsi notare e di trasmettermi quella dose di ansia che mi spinge a dirle che non mi sono dimenticata di lei. Le ho anche detto di avere un appuntamento con voi improrogabile e irrinunciabile.

Deve aver avuto un attacco di gelosia, immaginando che io preferissi altri a lei, eppure sa benissimo che non è vero e che il suo pensiero non mi abbandona mai. E adesso è lì in silenzio, a darmi le spalle, risentita, e giochiamo a ignorarci reciprocamente.

isola_delle_rose_locandinaCerto! Questo suo comportamento di piazzarsi lì, irremovibile, aspettandomi senza nemmeno tentare di fare da sola quello che pretende da me… eppure sa bene quanto mi renderebbe felice se almeno ci provasse, ma sembra non importagliene granché. Ormai so già che andrà  come tutte le volte e quando avrò finito con voi, sarà il suo turno: la riempirò  di calde carezze, la porterò  laddove vuole andare e faremo pace. Sorrideremo entrambe: lei sarà  finalmente distesa sorridente nel suo angolo preferito e io rilassata sul divano o sul tappeto, avvolta dal mio plaid shakespeariano e con in mano una calda tazza di tisana (quella per pancia piatta. Ma che voi sappiate, fa davvero quell’effetto?) a cercare una storia incredibile che mi faccia compagnia.

Incredibile come quella che ha raccontato nel suo ultimo film, ispirato a una storia vera, il regista Sydney Sibilia (quello della trilogia Smetto quando voglio).

Una storia che ha avuto negli ultimi anni un’eco – posso dirlo di nuovo? – incredibile (l’ho detto!) avendo ispirato libri (il romanzo di Walter Veltroni, L’isola e le rose edito da Rizzoli, che non ho letto, ci tengo a precisare), documentari (Isola delle rose. La libertà  fa paura di Stefano Bisulli e Roberto Naccari) e il film di cui il regista salernitano sopracitato ha curato anche la sceneggiatura insieme a Francesca Manieri, L’incredibile storia dell’isola delle rose.

Tutto ha inizio nell’inverno del 1968 a Strasburgo dove il giovane ingegnere, Giorgio Rosa (interpretato dall’indiscusso Elio Germano), aspetta da giorni nell’androne del Consiglio d’Europa di poter esporre il suo caso all’organizzazione. Il presidente Jean Baptiste Toma (François Cluzet, indimenticabile protagonista di Quasi amici), dapprima restio a riceverlo, nel notare la firma delle Nazioni Unite sui documenti presentati dall’idealista ingegnere romagnolo (giunto nella città francese a bordo di un’auto realizzata da lui medesimo con pezzi di ricambio), si precipita a incontrarlo e a dargli, finalmente, udienza.

E la macchina da presa ci porta, mentre il protagonista perora la sua causa davanti agli alti funzionari del Consiglio d’Europa, in un locale bolognese dove il neo ingegnere perde una gara di birra con il suo amico Maurizio Orlandini (Leonardo Lidi) durante i festeggiamenti per aver superato l’Esame di Stato. Proprio quella sera, in quello stesso locale, noi incontriamo e Giorgio rivede, dopo tre anni, Gabriella (Matilda De Angelis) la sua ex fidanzata, da lui ancora amata, per la quale si lancerà nel suo progetto più ambizioso: costruire un mondo libero, dove non bisogna sottostare alle condizioni e alle limitazioni poste dalle leggi e dalla lenta burocrazia.

isola_delle_rose_fotoCostruisce così, lontano dalle acque territoriali italiane, di fronte a Rimini, insieme all’amico Maurizio, un’isola. Una nazione indipendente con le sue monete, i suoi francobolli, la sua lingua, e persino una sua bandiera: tre rose rosse con il gambo verde, sul campo bianco di uno scudo posto su sfondo arancione. Una folle idea di libertà che ha avuto breve vita, perché nessun governo fu mai così rapido a passare dalle parole ai fatti e  dopo solo 55 giorni dalla dichiarazione di indipendenza dell’Isola delle Rose,  avvenuta il Primo maggio 1968…

… Ma che sto a fare? Stavo per spoilerare! Mi sono fermata giusto in tempo, anche se probabilmente a qualcuno di voi è noto l’epilogo della vicenda, accaduta nel periodo in cui si respirava il giovane profumo sovversivo della Primavera francese. Alcuni di voi probabilmente conoscono il destino di quella piattaforma chiamata isola, perfettamente ricostruita a Malta, uno dei set, oltre Bologna, Rimini, Riccione, Roma, Valle d’Aosta, in cui sono state effettuate le riprese.

Un film che ci riporta con i colori, le atmosfere, la musica, i costumi indietro di cinquant’anni o poco più e ci regala una commedia piena di vita e di energia, due ore piacevoli, dopo le quali ti viene solo da pensare che nulla è davvero impossibile, anche se forse un’isola un uomo da solo – come disse il vero ingegnere Rosa, morto a 92 anni nel 2017- non la può costruire.

L’ingegner Giorgio Rosa, però, per lo meno ci ha provato a costruirlo questo mondo nuovo, scrivendo una storia che, già raccontandola così come è veramente avvenuta, ha dell’incredibile,  ma che il regista ha piegato alle esigenze e alle logiche  cinematografiche, creando personaggi di fantasia  (l’amico Maurizio Orlandini non è mai esistito), oppure caratterizzando in modo diverso quelli realmente esistiti (Rudy Wolfgang Neumann che nel film è un tedesco senza passaporto che vive alla giornata, mentre nella realtà fu ambasciatore dell’Isola delle Rose e campione di sci nautico), o ancora  cambiando l’età  al protagonista che aveva più  di quarant’anni quando ha progettato l’isola, era già  sposato con Gabriella e avevano un figlio di sette anni.

Se questi possono considerarsi dettagli che discostano la sceneggiatura dalla storia, altro è l’immagine che il film dà dell’ sola, una micro-nazione ridotta a discoteca in mezzo al mare, un lido dove la gente balla e beve, decisamente lontana dai principi che accompagnavano il progetto di Rosa, dagli alti ideali di libertà, costretta nel film a una dimensione di puro e semplice edonismo.

E poi…

Ci sono tante altre curiosità da soddisfare ed è, un film come questo, una grande opportunità per chi  ha  fame di conoscenza e di sapere, di scoprire e approfondire.

Ci sono tanti aspetti interessanti nel film (distribuito da Netflix), come il ruolo della politica italiana, del governo guidato da Giovanni Leone (un Luca Zingaretti difficile da riconoscere) e del Ministro dell’Interno, Franco Restivo, i cui panni sono indossati da un attore inossidabile, Fabrizio Bentivoglio, in un ruolo che mette in luce i limiti e la svogliatezza della nostra classe dirigente, riuscendo a strapparmi sorrisi che lasciano però, alla luce del vero, un po’ di amaro in bocca.

Ora però devo lasciarvi, con la promessa di ritrovarci qui fra due settimane.  Intanto  godetevi il week -end, la buona compagnia (se non siete soli) e guardatevi un bel film.

Io farò incetta, ma solo dopo aver stirato e fatto pace con la biancheria che mi sta aspettando ormai forse da troppe ore.

 

Leggi anche – Visti e svisti, Sto pensando di finirla qui