La recensione di Stefano Bonazzi – 05/12/2020
Sterzate di vita tra i vicoli di Bologna
“In un paio d’anni la mia vita è cambiata radicalmente. Non mi è mai neppure sfiorata l’idea di poter diventare padre e ora invece siamo in attesa del terzo figlio!”
Angelo me l’ha confessato al telefono, mentre mi parlava del suo libro d’esordio. La scintilla, l’esigenza da cui tutto è iniziato sta proprio lì, in quella parola di sole quattro lettere che però racchiude al suo interno un mondo, se non tutto, il mondo: “vita”.
Quanto si è già scritto e quanto ancora si scriverà su di lei eppure penso che non ci stancheremo mai di leggere storie di vita, specie se si tratta di vite autentiche, credibili, specie se le suddette storie sono raccontate con gentilezza, umiltà, come in questo libro.
Lo confesso, mi ero approcciato a queste pagine pervaso da una sotterranea diffidenza: quanti esordi trattano tematiche simili, quanti autori hanno la supponenza di pensare che la loro vita sia diversa da tutte le altre. La migliore, la più interessante, una vita che contenga all’interno l’elemento distintivo in grado di fargli scavalcare anni e anni di letteratura. Anche l’incipit di questo Le chiavi di casa (Pendragon, 2020) non ha nulla di diverso da migliaia di altri romanzi usciti e caduti nel dimenticatoio delle letture distratte: Luca Nanni, un trentenne in viaggio verso la paternità, proprio lui che di viaggi è sempre stato un maniaco, che ha fatto della fuga altrove una via d’uscita ai problemi del quotidiano, ora si trova a fare i conti con una figlia in arrivo dalla sua compagna Giulia. E noi lo incontriamo proprio lì, in attesa di sapere il sesso della neonata, poco prima di incappare in Linda, una ragazza misteriosa che durante un incontro/scontro notturno e inaspettato darà una svolta drastica alla routine di Luca deragliando il protagonista su strade sconosciute, al cospetto di nuovi personaggi tra cui Lorenzo, un saggio liutaio dalle aspirazioni filosofiche che, proprio come nel classico archetipo del Viaggio dell’Eroe, porterà Luca a un nuovo grado di consapevolezza e accettazione. Tutto questo però, non prima di aver superato parecchi imprevisti, lungo pagine intrise da una sottile e arguta ironia, all’interno di una Bologna riconoscibile e vibrante. Sì, perché, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare da una prevedibile partenza, il romanzo di Angelo, proprio come la Vespa del suo protagonista, ha la capacità di carburare lungo il tragitto, partendo da una zona di comfort ma guadagnando terreno e fiducia nel lettore verso una piega del tutto inaspettata degli eventi.
Attraverso flashback e riflessioni Luca ci prenderà per mano e ci accompagnerà in una città intrisa di ricordi e reminiscenze di una gioventù da cui il protagonista non può e non vuole ancora staccarsi. Perché la vita può essere altro. L’avventura può diventare routine, le sorprese possono trasformarsi in scadenze, compiti, incombenti e ingestibili responsabilità. La magia può finire, i colori dissolversi, la paura prendere il sopravvento ed è proprio in questo territorio di incertezze che lo scrittore ci vuole portare. Per metterci davanti ai nostri demoni, per costringerci ad attraversare il sipario e farci capire che, forse, anche quando la magia si è dissolta, con la giusta dose di leggerezza e maturità, quello che si nasconde dietro il palcoscenico può essere altrettanto sopportabile.
“Non date nulla per scontato, non smettete di meravigliarvi”, questo sembra volerci dire Angelo Marino, lungo questo centinaio di pagine scritte con un tono umile, sincero ma privo di inutili tecnicismi di cui spesso sono intrise le opere d’esordio.
Le chiavi di casa è un romanzo onesto, una storia semplice ma scritta con rispetto, un’opera che è prima di tutto un inno alla vita e alle sue molteplici, a volte magiche, a volte semplicemente “normali”, ma non per questo meno affascinanti, sfaccettature.