Intervista a Marco Vetrugno

 

foto-marco-vetrugnoQuali sono i tuoi maestri (non solo letterari: cinema, musica, arte figurativa, ecc.)?

Il primo autore che ha cambiato radicalmente il mio modo di approcciarmi alla scrittura è stato senz’altro Thomas Bernhard. Nei suoi scritti è lampante un senso unico del ritmo, martellante e a tratti volutamente ripetitivo, un linguaggio musicale che traduce il ripetersi delle ossessioni, senza mai lasciare scampo o vie di fuga. Bernhard fu un virtuoso delle tre forme, drammaturgia, prosa e poesia, un dono rarissimo, unico. Quando penso ad una scrittura incisiva, elegante e affilata, quando penso ad una coscienza limpida e controcorrente, penso a lui, immediatamente.

Grazie a Samuel Beckett mi sono inoltrato e ho conosciuto quello che io definisco il “troppo”, una nostalgia assurda, un senso di lontananza siderale, che a mio modo di vedere, raggiungono l’apice in Mal visto mal detto.

Poi c’è Carmelo Bene, l’ultimo nostro grande intellettuale, un genio e uno sperimentatore, che mi ha insegnato cosa sia la vera ricerca, che mi ha dato prova di quanto studio ci debba necessariamente essere prima di approcciarsi ad una qualsiasi forma d’arte.

Il Carmelo Bene del Manfred, il C. B. poeta del ʿl mal de’ fiori, il C. B. autore di Nostra signora dei turchi e Credito Italiano V.E.R.D.I., il C. B. macchina attoriale, un genio assoluto, lo rimarco.

Fra i poeti come non citare Gottfried Benn (di Morgue in particolare), Thierry Metz, Bonnefoy, Pavese, il mio Salvatore Toma, Pound, Bellezza, Testori, Artaud, Ginsberg, Ferrari (di Macello), T. S. Eliot, Amelia Rosselli, Pizarnik, Paul Celan, Trakl, e altri, molti altri.

Fra i prosatori Manganelli, Ottieri, Bufalino, Morselli, Dagerman, Bataille, Camus, Sartre, La Rochelle, Carnevali, Celine, senza dimenticare i vari Cioran, Michaux, Dostoevskij, Sebald, Ageev, Thomas Wolfe, Handke, Gombrowicz, una serie di nomi che potrei continuare all’infinto, perché ognuno di questi scrittori ha lasciato in me un solco, una traccia indelebile.

Pensando alla mia preparazione artistica non posso non fare i nomi di Francis Bacon, Egon Schiele, Edvard Munch,  Goya, Giacometti, Bosch, Van Gogh, Escher, Modigliani, Soutine, Kirchner, Grosz,  Ensor, Hopper, Caravaggio, Michelangelo e mi fermo qui per ovvie ragioni.

Mi fa piacere ricordare anche Gino Bonichi, in arte Scipione, pittore e poeta dei primi del ‘900.

 

Quali poeti della tua generazione senti affini?

La “parola” mi ha avvicinato e fatto conoscere molti bravi autori, ma solo con un poeta sono riuscito a stabilire un legame particolarmente forte. Nonostante sia più grande di me di sette anni e nonostante la lontananza geografica ci abbia costretto ad un solo incontro, sono riuscito ad instaurare con Domenico Brancale un dialogo speciale, sincero, puro.

Domenico mi è fratello, a volte padre, amico (sempre), e voglio cogliere questa occasione per ringraziarlo. In questi ultimi mesi abbiamo anche scritto insieme una drammaturgia poetica intitolata: METROMANIA Bacon /Artaud –per un teatro che non andrà mai in scena-, un’opera che gravita intorno il vissuto, le opere, il sangue e le visioni dei due geni precedentemente citati.

 

Cosa cambieresti del panorama poetico di oggi?

Più che del panorama poetico, da sempre relegato ai margini e conosciuto sostanzialmente dagli addetti ai lavori, mi piacerebbe che a cambiare fosse l’intero sistema editoriale.

Mi piacerebbe che ci fosse più coraggio nel proporre letteratura, testi ricercati, scritti impegnativi anche a discapito delle cosiddette opere commerciali, dei libri che magari vendono un po’ di più nell’immediato, ma che spariscono e vengono dimenticati nel giro di pochissimo tempo.

Tra l’altro, se la si lascia sedimentare, la qualità alla lunga ripaga sempre, anche in termini economici.

Da un lato sento dire che mai come oggi i lettori sono più istruiti e preparati rispetto alle precedenti generazioni, ma nella realtà dei fatti solo in pochi posseggono dei veri strumenti critici, voglia di approfondire e sperimentare.

 

 

Chi è Marco Vetrugno

(1983) è poeta e drammaturgo. Ha pubblicato quattro raccolte di poesia e due testi teatrali, due monologhi in versi, Mùtilo (Musicaos) e Apologia di un perdente (Elliot).

Dal 2019 cura i fogli di poesia “Quando mi rubano tutto, voglio pure regalare qualcosa”.

 

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