La recensione: Il vento non si attende, Elisa Bedoni, edito da Biplane edizioni

di Silvia Guberti

È uscito nelle librerie solo due giorni fa, per Biplane edizioni, il romanzo d’esordio di Elisa Bedoni, Il vento non si arrende. Si tratta del sesto volume della casa editrice brianzola che si è già distinta per la qualità delle scelte editoriali. L’ho letto in anteprima ed è stato un volo, tutto d’un fiato, tra le pagine che raccontano la storia di Daria.

 

La trama

il-vento-non-si-arrende-copertinaIl 7 luglio del 2001, dopo mezzogiorno, una tromba d’aria ha devastato la Brianza. Quattro paesi, Arcore, Usmate, Vimercate e Concorezzo, ne escono piegati. Tetti divelti, alberi abbattutti, case che sono un ricordo da rappezzare, perché poco ne è rimasto. Sembra che niente del genere, in quella zona, sia mai accaduto prima, a memoria d’uomo.

La distruzione, la paura, possono molte cose: possono farci chiudere nel nostro guscio, isolare dagli altri per tenere stretto quello che abbiamo. Oppure possono farci riflettere su ciò che abbiamo lasciato andare per strada, sulle persone che abbiamo permesso si allontanassero verso esistenze parallele.

Daria è una donna ancora giovane, due figlie, una marito – Pietro – che se n’è andato con un’altra. Daria è una donna che per Pietro, quell’uomo che sembrava saper prevenire i suoi problemi, colmare le sue mancanze, ha lasciato andare troppe cose: l’università e la passione per lo studio del cielo, la vocazione ad aiutare gli altri, ma soprattutto Samira, l’amica di sempre, e Leo, il fidanzato di lei, giovane insegnante di lettere con la passione per il volo. Leo che le guarda dentro, anche se Daria parla poco, per carpirne i segreti. Leo che ama Samira, ma che non è indifferente alla ragazza piena di sogni che è Daria prima di Pietro.

Pietro è l’àncora a cui Daria si è aggrappata perché sa che non può avere Leo. Pietro è l’àncora che tira giù Daria, sul fondo, lontano da quello che sognava di essere. Pietro è quello che giudica, dall’alto della sua vita di successi, Samira, colpevole di essere eritrea, e Leo, tacciato come No global. Daria non può stare con loro, perché loro non sono “appropriati”. Daria deve scegliere da che parte stare, e sta dalla parte di Pietro. Perché Pietro è il padre delle sue figlie. Perché Daria vorrebbe una famiglia “normale”, una famiglia unita, senza separazioni, senza tempi da dividere. Fino a perdere tutto.

 

Daria, Leo e Samira.

Ma poi c’è il vento, e nulla può essere più come prima. Il vento che spazza le cose, spazza la mente di Daria, che inizia a vedere ciò che ha avuto, ciò che ha perso, e il prezzo che ha pagato. È così che va a cercare Samira, e la trova su una panchina. Il vento ha toccato anche lei.

Decidono insieme di andare a cercare Leo, perché è il momento che alle cose venga dato un nome. Inizia così un viaggio in camper, on the road, che aprirà delle porte chiuse troppo a lungo e colmerà quei silenzi che si sono accumulati per troppi anni.

 

Il vento non sa leggere

«C’è una poesia giapponese» disse e la recitò canticchiando.

«Sul cartello c’è scritto: non sciupare questi fiori, ma per il vento è inutile, perché non sa leggere.»

Il vento non si arrende parla di paure, di bisogno di controllo, di imprevisti che minano le nostre certezze. Possono essere eventi naturali – una tromba d’aria – o esiti di vicende umane, di relazioni che si sfaldano contro ogni tentativo di tenerle insieme (ma a che prezzo?). Il vento non ascolta, il vento scompiglia, mischia le carte dei protagonisti del romanzo. E noi ci troviamo lì, a piangere con Daria, quando sembra che tutte le certezze le stia scivolando come sabbia tra le dita, quando i sogni sembrano ormai troppo distanti per poter essere recuperati. E ridiamo con lei per un’immagine buffa che torna dal passato, per degli occhi che riescono a rovistare nell’anima, per un bacio che ha il sapore dell’amore che dà senza chiedere nulla in cambio. Elisa Bedoni ci parla con lucidità e pathos insieme di andare oltre gli stereotipi sociali, di voglia di osare, per provarci, almeno, a essere felici.

Il romanzo della Bedoni vola veloce proprio come il vento del titolo; è un libro dal quale non ci si può staccare fino all’ultima pagina, perché Daria, con tutte le sue fragilità, la vita meno che perfetta, proprio non la si vuole lasciare andare. Una penna felice, quella di Elisa Bedoni, che sa creare personaggi ammirevolmente imperfetti, che si muovono sulla scena della vita per cercare di spiccare il volo. Una lettura che aiuta a fare bilanci, che nutre speranze, che ci fa chiedere se davvero abbiamo fatto proprio tutto per essere felici.

 

Chi è Elisa Bedoni

Nasce a Melegnano, a due passi da Milano, nel 1974. Si laurea in veterinaria ma abbandona presto la libera professione. Segue un corso post-laurea in comunicazione scientifica e collabora con una rivista specialistica. Si sposa nel 2004 e si trasferisce col marito in Sicilia, sull’Etna, dove avviano un’azienda agricola biologica, dedicandosi al lavoro in campagna, ai tre figli e all’accoglienza in varie forme di persone in difficoltà, fino a prendere in affido un’esuberante bambina di origini marocchine. Nel frattempo scopre che le piace scrivere e inventare storie e coltiva un sogno, iniziando da due corsi della scuola Holden.

 

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