Goliarda Sapienza
10 libri per superare Natale con garbo

3. Il filo di mezzogiorno, di Goliarda Sapienza, La nave di Teseo, prezzo di copertina 15 euro.

È tornato quest’anno in libreria, in una nuova edizione curata da Angelo Pellegrino per La nave di Teseo, il secondo romanzo di Goliarda Sapienza dal titolo Il filo di mezzogiorno, uscito per la prima volta nel 1969.
Ma chi era davvero Goliarda Sapienza?

Goliarda Sapienza nasce a Catania nel 1924 da genitori socialisti rivoluzionari, che la lasciarono libera di crescere senza vincoli sociali, primo fra tutti la scuola. All’età di 17 anni si trasferisce con la madre a Roma per seguire il sogno di diventare attrice e viene presa all’Accademia nazionale d’arte drammatica. Negli anni ‘50 e ‘60 recita come attrice di teatro e cinema, coltivando però la passione della scrittura, che si concretizzerà nel 1967 con il romanzo Lettera aperta.

Il filo di mezzogiorno

Il secondo romanzo di Goliarda Sapienza nasce dalle ceneri di un periodo molto cupo. Goliarda soffriva infatti di depressione, malattia che le causava una forte insonnia alla quale poneva rimedio con l’abbondante uso di sonniferi. A seguito dell’assunzione eccessiva di quei farmaci viene ricoverata, ormai in coma, in una famigerata clinica. Tutti considerano il suo un tentativo di suicidio, anche se lei dichiarerà, appena ripresasi, che si era trattato di un incidente. Questo non convincerà i medici che decidono di sottoporla a elettroshock, una pratica piuttosto comune all’epoca. Gli elettroshock  provocheranno a Goliarda una perdita di memoria che si ritroverà a cercare faticosamente di ricostruire una volta affidata alle cure di un noto psicanalista – considerato all’epoca una sorta di medico dei vip – dai metodi però poco ortodossi.
La terapia durerà poco più di tre anni e si concluderà con la crisi dell’analista, che abbandonerà per un periodo la professione, lasciando comunque Goliarda piena di dubbi e incertezze.

Il filo di mezzogiorno è un volo vertiginoso tra vuoti e pieni, tra spazi della personalità claustrofobici e una realtà percepita come ostile, incomprensibile, troppo astratta per essere interpretata e fisicamente “vissuta”.

Goliarda Sapienza riesce a trasformare in letteratura la propria esperienza di psicoanalisi e l’alternanza di lucidità e disagio ci appaiono tanto più veri quando decritti con una consapevolezza estrema. La narrazione è aperta, spregiudicata, non mediata, tanto che bisogna nuotare tra le parole, diventando un tutt’uno con la protagonista.
Nelle fragilità di Goliarda Sapienza ci si trova esposti, compartecipi, assetati di trovare un senso a un’esistenza sghemba e inafferrabile.

Il libro in cinque parole: delicatezza, fragilità, esposizione, rimedio, cura.

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